Lei è a scuola. La mia sedicenne scrive durante la ricreazione. Terza liceo. Settimana in presenza.

“Mamma ho preso un rimprovero”.

“Cazzo!” penso tra me e me anche perché mi sembrava stesse andando tutto bene.

“Cosa hai combinato?” le ho chiesto.

“Niente” mi ha risposto lei.

“Non si prende un rimprovero per niente!” ho rimbrottato aggiungendo una faccetta arrabbiata. Se c’è una cosa che non sopporto è quando le mie figlie negano le proprie responsabilità.

Ero pronta all’attacco ma vedo che sta scrivendo, allora aspetto. Dopo poco aggiunge: “Mi hanno rimproverato perché non solo non hai ancora fatto l’iscrizione alla classe quarta ( e scadeva fine gennaio), ma non hai nemmeno pagato il bollettino!”.

“Cazzo!” questa volta mi scappa e lo scrivo. Penso immediatamente a dove cercare la domanda, ma in men che non si dica lei manda un paio di allegati con sotto scritto:” Ti ho scaricato tutto, compila e rinvia, please”.

Ecco, potrei dirvi che mi sento in colpa, potrei dirvi che sono una madre che non si cura abbastanza di lei o forse, potrei dirvi che “la mia smemoratezza” in qualche modo l’ha resa piuttosto autonoma.

Sa che ci sono e io non sento più il bisogno di chiedermi se le mie figlie sono consapevole di quanto siano amate, ho smesso da tempo di farmi domande stupide di questo tipo che non fanno bene a nessuno e incastrano in gironi infernali di dipendenza.

Un paio di sere prima sono andata a dormire dal mio compagno, ero già a letto quando mi arriva un messaggio dalla mia sedicenne:”Grazie mamma, ti voglio bene”.

“Anche io ti voglio tanto bene, ma grazie di cosa?” le ho chiesto un po’ stupita.

“Di tutto” mi ha risposto lei.

Mi sono commossa e l’ho ringraziata, non per dirvi che madre meravigliosa o fortunata io sia, perché non è così, non crediate che ci siamo momenti molto burrascosi e bui in casa nostra, ma vi racconto questo pezzo di intimità, soprattutto, per due motivi: il primo è che se voi state bene e lavorate per le vostra felicità, loro staranno bene e se la caveranno; il secondo è che per essere madri decenti non è necessario arrivare ovunque, impastare tutti i giorni e realizzare ogni desiderio dei propri figli e ogni loro aspettativa. Non sarà questo a renderli adulte e adulti “sani”.

È necessario pensare a sé, mettersi in posizione centrale, dando un limite a ciò che possiamo fare, facendo pure qualche innocuo casino!

Impareranno a pensare a se stesse ( parlo delle mie figlie). Ad essere la loro priorità, come io sono la mia.

Ho imparato come madre che dedicare il tempo a ciò che mi interessa vale molto di più delle mancanze.

Dedicare più tempo, nel mio caso, alle letture, alla scrittura, alle camminate, le porta necessariamente a centrarsi. A non occuparsi di me ( mi occupo già io di me stessa) della mia felicità o che io realizzi la loro.

Mi guardano e imparano e sanno che il senso di colpa può andarsene a quel paese, che i pezzi si possono sempre recuperare e se non succede, nessuno ne morirà.

Moriranno loro, invece, se nessuno racconterà che la dedizione più importante sarà la determinazione a “salvarsi”, la determinazione a cercare ciò che le fa stare bene.

E potranno bruciare arrosti, dimenticarsi iscrizioni, non fare figli, non sposarsi, avere un fidanzato o non averlo, ma non dovranno dimenticare mai che nessuno -e dico nessuno- varrà il sacrificio della loro esistenza, né una madre, né un padre, né un amore.

Penny ❤️

Se volete cercarmi questi sono i link del mio romanzo e del mio albo illustrato. In uscita a giugno un libro di letteratura per l’infanzia.

http://old.giunti.it/libri/narrativa/il-matrimonio-di-mia-sorella/

https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/

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