Non c’è niente come la maternità che mi abbia insegnato il senso del compromesso, che mi abbia insegnato a stare in mezzo, in una zona franca.

Ancora prima di essere madre, ovvero prima di conoscerle, sono partita con l’idea che le regole sarebbero state chiare, i limiti certi, che non sarei stata mai e poi mai troppo permissiva. Che ingenua!

La maternità mi ha insegnato come nessuno che le regole si scrivono mentre si percorre la strada.

Strabuzzo gli occhi quando vedo genitori completamente inermi di fronte alle richieste dei figli, genitori che si coinvolgono a tal punto da confondersi, piroettanti in base alle esistenze dei pargoli; e resto altrettanto perplessa quando sento genitori stabilire regole rigide a priori, certi che stia nella disciplina la risposta all’educazione dei figli/e.

La mia storia mi ha insegnato, intanto che i nostri sarei figli/e sono diversi e alcune regole che vanno bene con uno, non funzionano con l’altro.

In secondo luogo, tutte le volte che ho deciso di seguire una legge al di sopra del mio sentire, ho fallito miseramente.

Per quanto mi riguarda, e man mano che le mie figlie crescevano, mi è stato sempre più chiaro che niente era già scritto.

Ho capito che c’ero io con la mia idea educante ma loro non erano oggetti inanimati, entravano dentro a quella storia e mi costringevano a guardarle, a sentirle, a cercare di comprenderle, a modificare il tiro costantemente.

I limiti sono importanti per i nostri ragazzi/e perché li contengono dentro all’esistenza, li definiscono, li delimitano, gli permettono di non perdersi.

È pur vero che la troppa rigidità solitamente li porta immediatamente ad opporsi, per affermare se stessi e riconoscersi altro da noi; e chi usa manuali regolativi senza mettere in campo la relazione e ascoltare le richieste dei propri figli a mio avviso fa un grande errore. Spesso li allontana.

È in itinere che ho imparato a trovare le regole “giuste” per noi, le abbiamo scelte insieme, a una loro richiesta seguiva una mia proposta e poi una mediazione. Un compromesso che rendeva soddisfatte entrambe.

E, alla fine, anche se la decisione era mia, loro avevano la sensazione di essere ascoltate ed io la quasi garanzia che non avrebbero trasgredito per punirmi e determinarsi, perché, ascoltandole le avevo già determinate io.

La maternità mi ha insegnato ad avere fiducia sapendo che poteva essere tradita da un momento all’altro.

Ma ne è valsa la pena, perché ho imparato ad essere madre e non amica, ad essere colei che può ascoltare ma si prende la responsabilità della scelta.

Non dico che non ci siano stati scontri, eccome se ci sono stati, ma non abbiamo mai messo in discussione il bene, non abbiamo perso la fiducia nella capacità di trovare una soluzione insieme.

Perché non sono le regole a farci diventare dei buoni genitori o quanto concediamo, è la relazione che riusciamo ad instaurare che permette ai nostri figli/e di fidarsi, di chiedere, di crederci e di tornare da noi se hanno bisogno. Di diventare autonomi nelle scelte future.

Perché l’amore genitoriale è qualcosa che apre al mondo, alla capacità di fare da soli, non che trattiene o fa dipendere da scelte altrui, a volte, proprio dalle nostre.

Penny ❤️

Se volete cercarmi questi sono i link del mio romanzo e del mio albo illustrato. Il 22 giugno esce per Mondadori: “La scuola è di tutti”.

https://www.ragazzimondadori.it/libri/la-scuola-e-di-tutti-le-avventure-di-una-classe-straordinariamente-normale-cinzia-pennati/

https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/

http://old.giunti.it/libri/narrativa/il-matrimonio-di-mia-sorella/

Rispondi