Ogni anno in Italia circa quattromila persone muoiono per suicidio. I suicidi nel 2020 nei maschi tra zero e 64 anni sono stati 275, tra le donne 68. Dopo i 65 anni, i suicidi tra i maschi sono stati 180, tra le donne 39. Dati ISTAT.

A quanto pare i maschi sono la popolazione più a rischio, per svariati motivi, ma soprattutto, per la pressione sociale patriarcale di cui fanno parte.

Forse è arrivato il momento di dire agli uomini che possono piangere, commuoversi, esternare fragilità e, come ho scritto nel post, farlo da subito, quando sono bambini.

La cultura è linguaggio, credo che su questo nessuno possa obiettare, siamo anche quello che diciamo.

Ecco cosa insegniamo ai nostri bambini, proprio a partire dal linguaggio, che si tramuta presto in azione: non fare la femminuccia, non frignare come tua sorella, non giocare con le bambole, fai vedere quanto sei forte, dai che sei un campione, non avrai mica paura, non piangere che sei un ometto…

Potrei aggiungere mille frasi simili e man mano che i bambini diventano ragazzi e poi uomini, il linguaggio diventa solo più volgare: fagli vedere chi ha le palle, non fare il frocio, non fare la puttanella, non ti farai battere da una femmina?, fagli vedere chi ce l’ha più duro, sei troppo sensibile per non essere gay, falle vedere chi comanda, tira fuori i coglioni, stai diventando troppo effeminato, fagli vedere chi è l’uomo e chi porta i pantaloni…

Eccola l’altra faccia del sessismo, quella che distrugge gli uomini e li conduce verso un tipo di mascolinità tossica, alcuni diventando persino carnefici, ricordo che in Italia i femminicidi sono stati da gennaio, se non sbaglio 53.

Insomma, anche gli uomini subiscono una pressione sociale fin da quando sono bambini e se per le bambine l’indirizzo è quello di stare un passo indietro, rispetto ai loro coetanei, quello dei maschi è di abusare del potere. Ad entrambi viene negata la possibilità di essere se stessi.

Quello che sbagliamo è che l’attenzione si concentra solo e sempre sul “spiegare” non solo le cose alle donne, ma anche alle bambine. Come insegnante posso dirvi che quest’ultime hanno ben presente che le loro possibilità si stanno ampliando.

Leggevo, ad esempio, che la moda rivolta al pubblico femminile ha dovuto allargare le proprie proposte, perché, le piccole sono più libere, quindi, spesso compravano nei reparti dedicati ai maschi; invece, per quanto riguarda i bambini, lo sguardo non si è ampliato e la moda è rimasta invariata, nei colori e nelle proposte: eroi, super-eroi, calciatori…

Soffermiamoci un attimo su quanto l’indipendenza economica delle donne possa aiutarle verso l’indipendenza emotiva ma di pari passo possa fare bene anche ai loro partner, perché li solleva dalla pressione nei confronti della famiglia, è l’uomo che porta a casa la pagnotta, che ha lo stipendio più alto, che investe energie totalmente in ambito lavorativo.

Come farebbe bene agli uomini imparare a prendersi cura di se stessi e dei propri figli. Una donna che perde il lavoro è accettabile, perché la società patriarcale la colloca appunto nel luogo della cura, un uomo no, è un fallito e, difficilmente riesce a ricominciare o a rinnovarsi.

Gli uomini considerano il pianto, la commozione, l’analisi dei sentimenti ad appannaggio del femminile, proprio per l’educazione impartita, quindi, parlano poco tra di loro, non si aprono e chiedono meno aiuto delle donne. Considerano la ricerca di assistenza per un problema psicologico o emotivo come una sconfitta, sono abituati a fare da soli, come potessero bastarsi.

Ammettere un problema e cercare aiuto è percepito come debolezza, mentre è forte colui che è duro, macho e virile chi sa evitare i problemi e ignorare il dolore.

Per questo molti uomini crollano di fronte alle separazioni o alle delusioni emotive: non hanno imparato ad affrontare perché gli è stato insegnato ad dover essere cavalieri senza paura.

I maschi si suicidano in maniera sproporzionatamente alta: dalle 4 alle 5 volte più delle femmine, una delle cause è proprio il mascheramento sociale che non li porta ad intervenire in modo adeguato sull’insorgere del malessere.

E, perdonatemi, ma non parlo dell’uomo che siete, e per le donne, di quello che avete accanto, il mondo non finisce nel cerchio delle nostre conoscenze; né si tratta di paragonare gli uomini con le donne e quindi definire chi dei due sia migliore, perché quando tratto le questioni sul genere c’è sempre qualcuno che mi dice: eh, anche le donne sono stronze! Ma a chi è utile questo tipo di affermazione?

Mi piacerebbe iniziare a parlare di persone e della capacità di capire che la cultura sessista ci incastra tutti e che sia necessario iniziare a cambiare rotta.

Quindi, lo ribadisco, potessero piangere gli uomini, commuoversi, parlare tra di loro del dolore e dei fallimenti.

Potessero abbandonare l’armatura che gli è stata cucita addosso e di cui spesso non riescono a disfarsi, certo dovrebbero rinunciare al potere e ad “alcuni” privilegi, in nome di un’equità con il femminile e di un passo più giusto.

In nome di un’umanità meno tossica e intossicante, finalmente rinnovata di una mascolinità non prevaricante ma libera di essere ciò che desidera.

Penny❤️

Per chi volesse lavorare con i propri bambini e le proprie bambine, alunne e alunni, su una mascolinità e femminilità positiva, ecco due spunti:

https://www.ragazzimondadori.it/libri/la-scuola-e-di-tutti-le-avventure-di-una-classe-straordinariamente-normale-cinzia-pennati/

https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/

2 comments on “Potessero piangere gli uomini. Parlare della loro fragilità e farlo fin da piccoli, non solo quando vincono.”

  1. Cara Penny,
    letto il tuo più che condivisibile post, mi permetto di segnalarti un libro che mostra con grande chiarezza le difficoltà e le opportunità a cui si trovano di fronte le donne e gli uomini dei nostri tempi, alle prese con le sempre più veloci trasformazioni sociali e la benedetta ma tutt’altro che indolore trasformazione dei rapporti di genere.
    Si tratta de “Il normale caos dell’amore”, di U. Beck e E. Beck-Gernsheim.
    Sempre complimenti per le tue riflessioni,
    Giulio

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