Ogni tanto penso: prima o poi qualcuno si accorgerà che non sono intelligente, che non so scrivere, che non sono capace.

In quei momenti mi assale un’ansia che nemmeno potete immaginare, ho scoperto da poco che questa sensazione potrebbe avere pure un nome: sindrome dell’impostore.

Mi sono fatta l’idea che la bassa autostima colpisca soprattutto le donne. Una donna pensa spesso che i risultati formativi o professionali che ha raggiunto non siano merito delle proprie capacità, bensì il risultato di fattori esterni come la fortuna, il tempismo, l’aver lavorato più duramente degli altri.

Ve lo immaginate un uomo che mentre si discute in una riunione esprima quanto si senta inadeguato o non altezza di un compito?

A me non è quasi mai capitato, mentre mi è capitato di sentirlo dire alle amiche, alle colleghe, alle insegnanti a cui ho fatto formazione.

La sensazione di inadeguatezza credo colpisca continuamanente le nostre esistenze.

Tre settimane fa sono andata ad ascoltare Michela Murgia (è venuta a Genova insieme a Chiara Tagliaferri per la presentazione del nuovo libro), in quell’incontro mi è stato chiaro che molto del nostro agire e delle nostre abilità non vengono valorizzate perché non sono monetizzate.

Ed in effetti tutte le capacità relazionali, organizzative, gestionali, di mediazione che utilizziamo non solo nel lavoro ma anche nelle nostre famiglie sono gratuite e quindi date per scontate.

Così capita che ci autoboicottiamo senza nemmeno rendercene conto, che non valorizziamo ciò che sappiamo fare, che lo diciamo pure, che ci sottraiamo per la paura di non riuscire.

Non so chi di voi mi ha scritto che ama la parola decostruzione, ecco, il nostro maggior compito è decostruire, buttare giù, spezzare sistemi patriarcali in atto nei secoli come fossero la normalità.

Io decostruisco di continuo e questo mi aiuta a costruire spazi nuovi anche dentro di me, se ci pensate noi donne siamo abituate al massimo ad accettarci, mai ad autocompiacerci.

Penso dovremmo iniziare a proteggerci, almeno nelle situazioni lavorative, e se non arriviamo quasi mai in posizioni apicali deve essere chiaro che non dipende certo dal poco impegno o dalle poche competenze.

Dipende dal sistema, dallo stato emotivo in cui ci fanno crescere, dal non valorizzare le nostre capacità in termini produttivi e quindi monetari. Tutti i lavori legati alla cura, tra cui l’insegnamento, sono ad appannaggio del femminile e pagati pochissimo.

Dovremmo abbandonare le parole che usiamo per definirci -anche di fronte agli altri- e iniziare ad usarne di nuove. Abbandonare il sentirsi incapaci e sfondare i territori del potere.

Sto imparando ad autocompiacermi, a dirmi che sono brava e, soprattutto, a non fare più ciò che non mi interessa e mi fa sentire inadeguata. A volte faccio lo sforzo di mettermi nei panni di un uomo per non autoboicottarmi, non è facile, perché sono una donna e mi piacerebbe potesse bastare.

Invece non basta, non ancora. Ma io insisto, con quella parte di me educata alla sottomissione e con voi, perché sappiate che saranno anche le nostre piccole battaglie, quelle che ognuna di noi porta avanti ogni giorno, a far cambiare le cose.

Non autoboicottatevi, non tiratevi indietro, non dite che non siete capaci, perché non è così.

Gli impostori sono gli altri, quelli che per mantenere i privilegi ci hanno fatto credere il contrario.

Penny ❤️

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4 comments on “Perché noi donne ci sentiamo sempre inadeguate?”

  1. Ciao, comunque càpita anche a noi maschietti di sentirci inadeguati, anche noi ogni tanto abbiamo paura di non riuscire o di non essere all’altezza. Penso anzi che i dubbi sulle proprie capacità siano propri delle persone sensibili e siano da preferire alla ottusa sicurezza di essere sempre nel giusto, così diffusa in questi tempi e propria degli imbecilli.

    • Lo immagino, credo che sia un problema di educazione, dover sempre rispondere al modello di forza a cui il sistema chiama, sarebbe bello, per entrambi, poter solo essere. Un caro abbraccio. Grazie

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