Per molto tempo mi sono chiesta perché gli altri non avevano attacchi di ansia o di panico. Perché non ero abbastanza sicura da rispondere quando venivo attaccata, perché mi frantumavo ad ogni litigata, perché avevo così paura di perdere gli affetti. Perché le loro relazioni funzionavano e le mie erano un caos cosmico.

È stato proprio quel dolore a fornirmi uno sguardo diverso. Certo sarebbe stato più semplice se durante il mio percorso di crescita avessi trovato qualche adulto che mi avesse aiutato a districare la matassa della mia inadeguatezza, ma è stato quel dolore a costringermi alla profondità.

Il dolore mi ha costretto a guardare il dentro e il paragone con gli altri ha perso il suo senso.

Ancora oggi mi capita di trovare persone, anche tra quelle a cui voglio bene, incapaci di ascoltare l’altro, fanno domande per poi rispondersi da sole, sono autoriferite (quelle autoriferite anche sui figli poi faccio una fatica a reggerle…?‍♀️)

Anche adesso mi capita che mi vengano dette cose inenarrabili di cui le persone non si rendono nemmeno conto. A volte mi feriscono e tanto.

Ma il tempo di reazione è più rapido. Sono cambiata ed è cambiato lo sguardo anche quello che volgo verso le mie ragazze.

Mi sono preoccupata tantissimo della sofferenza che gli avevo causato con la separazione -quando ci si separa si rompono i patti sociali con il partner e con il resto del mondo- ma in realtà affrontare la verità le ha rese più solide.

È toccato anche a loro andare in profondità, si sono trovate una madre che aveva imparato a scoperchiare il dolore sapendo che era l’unica possibilità di salvezza.

Ora stanno bene, non mi stancherò di ripeterlo. E sto bene anch’io, ed é quel bene che contempla la sofferenza.

Non credo che la felicità sia felicità sempre, credo sia legata alla capacità di non accontentarsi di stare in superficie ma di scendere in profondità e sapere di essere in grado di affrontare la melma.

La melma c’è ed esiste per tutti.

Con noi stesse e con i figli tendiamo a spesso a soffermarci su quello che appare agli altri, se abbiamo o hanno raggiunto dei risultati, se vanno bene a scuola, se siamo e sono socialmente accettabili.

Stiamo lì, dove gli altri ci vedono, in superficie e ci accontentiamo.

Ma prima o poi accade, succede che qualcosa ci costringa e li costringa a scendere in profondità e se non sono capaci? Se non abbiamo fornito ai nostri figli lo sguardo del dentro? ( soprattutto se sono maschi).

Ci pensate mai che il dolore in fondo è una grande possibilità? Lo sguardo verso le nostre e le loro alterità ci permette di non perdere tempo in termini di paragone e di successo.

Questo per dirvi di non farvi spaventare dal dolore, spaventatevi di chi mostra felicità per esistere e allontanatevi più che potete.

E permettete il dolore ai vostri figli. Spesso sono quello che non si vede.

Nessuno meglio di noi può saperlo.

Penny ❤️

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2 comments on “La mostra mercato dei figli va per la maggiore. Eppure siamo e sono quello che non si vede.”

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