Rimango sempre più interdetta dalla certezza genitoriale che ogni tanto viene sfoderata.

I bambini o i ragazzi sono sempre più maleducati e la colpa è del genitore che non educa. Ovviamente, l’altro genitore, quello che abita la porta accanto o la strada accanto che io non conosco, non certo mio figlio. Lui sa come comportarsi, perché, se fosse maleducato gli tirerei un paio di calci nel sedere o lo appenderei al muro…

Beati voi, mi viene da dire, che siete così certi di come si educano i figli e di come si comportano quando non ci siete.

Da maestra, in venticinque anni di insegnamento, un po’ di esperienza me lo sono fatta e vi assicuro che una delle frasi più sentite sia dai libertari dell’educazione sia dagli autoritari, è questa: “Ma, mio figlio in casa è un altro bambino, non lo riconosco nelle parole che dite!”.

Ho visto fare cose inenarrabili a bambini/e e adolescenti (ne ho un capetto sotto casa pieno) che di fronte a madre e padre rigavano dritti come soldatini, guai a fiatare. Ripeto, la disciplina fine a se stessa non funziona mai, anzi, appena il gatto non c’è i topi ballano. Non sono io che lo dico ma una certa pedagogia.

Beati coloro che non hanno dubbi, perché io ne sono piena, costantemente, non so se faccio mai la cosa giusta con le mie figlie, posso cercare di educarle al meglio ma non ho la certezza di come si comportino, semplicemente perché l’educazione è costituita da un insieme di fattori.

Non siamo onnipresenti, se pensiamo davvero di poter impartite da soli l’educazione dei nostri figli e che il contesto non conti, la società non conti, le nostre omissioni non contino, la scuola possa poco, le scelte sociali non contino, beh, lasciatemelo dire… abbiamo una percezione piuttosto onnipotente della nostra capacità genitoriale.

Non siamo tutti buoni e tutti cattivi e non esistono figli buoni o cattivi, esistono dei figli fallibili e come tali dovremmo guardarli.

Mi colpisce là superficialità a cui ci hanno abituato di dividere il mondo in due: i mostri e i santi. Davvero vogliamo credere che basti mostrare i denti ai propri figli per non creare maleducazione?

Davvero pensiamo che basti una scuola autoritaria- come era un tempo- in cui i meridionali, i poveri, e gli incapaci stavano nell’ultimo banco, per far rigare dritto i nostri ragazzi?

O forse dovremmo creare una scuola autorevole, in cui la relazione discente docente diventi lo stimolo per creare cambiamento?

Non ho mai visto diventare educato un ragazzo solo perché qualcuno lo ha strigliato o umiliato ( ripeto non mi riferisco al fatto di cronaca di cui non so molto), ho visto ragazzi cambiare grazie alla relazione di fiducia creata in classe, grazie alle parole spese, grazie al clima di apprendimento positivo, alla stima che l’insegnante è riuscita a conquistare.

Ho visto cambiare bambini e ragazzi con genitori pieni di dubbi ma che si pongono domande sull’educazione, che non danno per scontato di essere “ i bravi” della storia, che sanno chiedere aiuto e mettersi in discussione.

Dove vi è certezza, mi dispiace dirlo, dove il mondo viene diviso in bravi e cattivi, spesso i ragazzi mostrano ai genitori quello che vogliono vedere e poi si comportano all’opposto. La certezza è l’altro lato dell’educazione tutta libertaria.

Perché nessuno di noi è “tutto” bravo e se imputiamo sempre la cattiveria all’altro, se dividiamo il mondo in bianco e nero, semplicemente neghiamo gli aspetti che non vanno, e quando una cosa è negata, prima o poi esplode.

E se succede, crea danni permanenti.

Beati voi che vi sentite chiamati fuori. Io non riesco, percepisco la mia fallibilità di madre e non ho certezze se non che provo continuamente a mettermi in discussione.

Penny ♥️

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