La violenza sulle donne non cade dall’alto, poggia su violenze sottili e quotidiane che più o meno ciascuna di noi vive e accetta. E sono così intersecate con il sistema che chi le perpetua non se ne rende nemmeno conto.
Gli uomini, anche i nostri uomini, spesso credono di non essere sessisti, molti ad esempio non si rendono conto che le battute o i complimenti di un certo tipo sono violenza.
Oppure capita- mi racconta mia figlia- che a vent’anni in discoteca i ragazzi si sentano autorizzati a prenderti da dietro e strusciarsi. E lei ha pensato: “Forse quello non è il posto giusto per me”.
Ma il posto giusto per noi non c’è. Non lo sono le strade la sera o gli autobus, sugli autobus le mani sono lunghe e lo stato di allerta in una donna è un fatto costante.
Le violenze sottili sono quelle per cui se un uomo parla riceve più attenzione di una donna, sono quelle per cui in una cena sono le donne che si alzano per sparecchiare.
“Alla lavastoviglie ci penso io” dice il padrone di casa di turno, perché come prepara la lavastoviglie un uomo non la prepara nessuno!
È violenza ogni azione di cura che non ha altra scelta se non il nostro tempo.
È violenza, “ La mamma è la mamma, non c’è nulla da fare!” e il padre è l’altro genitore ed è troppo comodo pensare che non sia indispensabile tanto quanto.
È violenza dover essere delle eroine.
Lo smart working è una violenza perché è un’esigenza del sistema patriarcale averci a casa e un ritieni alla sottomissione allontanarci dai posti di lavoro.
È violenza non avere un conto proprio da gestire. È violenza il fatto che guadagniamo meno degli uomini e siamo economicamente ricattabili.
È violenza credere di non fare abbastanza solo perché siamo donne. È violenza organizzare la nostra vita come se fossimo da sole invece abbiamo un marito o un compagno che giustifichiamo perché lavora!
È violenza tutta la rabbia che non possiamo esprimere, invece, se un uomo esplode viene considerato un fatto normale. “Sei isterica” è una frase violenta.
È violenza pensare che la procreazione sia lo scopo a cui siamo chiamate.
È violenza la bellezza che dobbiamo perseguire per soddisfare il piacere dell’uomo.
È violenza non sottrarsi alle violenze quotidiane almeno un po’, dire no e reggersi il dolore di non piacere, di non essere capite, dei musi, della famiglia contro quando diciamo “ora basta”, delle ripercussioni emotive.
Ogni volta che sottostiamo siamo vittime e un po’ complici, ed è dura lo so, ma mia figlia quando mi racconta di alcuni fatto mi chiede: “Devo accontentarmi?”.
“Per Dio no!” le rispondo, perché so bene cosa voglia dire farlo e so bene che accontentandosi e accontentando si ha la sensazione di essere meno sole ma è solo un’illusione. So bene anche questo.
Ma quando parliamo di violenza sulle donne, per aiutarne il superamento, noi dobbiamo, per quello che possiamo nella nostra quotidianità, scegliere di sottrarci, scegliere di starci vicine sapendo che in questo cammino verso la libertà non siamo sole.
Sapendo che ogni giorno c’è una ragazza nel mondo che cerca di sottrarsi alla violenza o che prova a non accontentarsi come, spesso, abbiamo fatto noi.
In fondo, lo sappiamo bene, non saranno gli uomini a salvarci sarà la sorellanza e noi dobbiamo sentirla, farne parte, appartenervi e sostenerla con le nostre piccole e fondamentali ribellioni quotidiane.
Noi dobbiamo perseguire la libertà di tutte per tutte.
Penny ♥️
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