Le girls sapevano che per il mio compleanno non saremmo uscite a cena. Siamo pazzi! Dal lunedì al venerdì alle 21 sono già sotto coperta?.
Forse si aspettavano una cenetta speciale. E invece no. Minestrone.
Per poco non stramazzano. Morte stecchite.
Potevo pensarci che era il mio compleanno. Ma non ci ho pensato. Ci sono cose a cui proprio non riesco a dare importanza. E non so perchè.
Come se tutto, dentro di me, non ci potesse stare. Allora scelgo. O forse sono solo pigra.
Comunque, credo sia questo il motivo che ha fatto muovere le girls. Portare il loro sedere fuori casa e mettersi d’accordo per un obiettivo comune: Io.
La loro mamma! Che solo a dirlo mi viene da ridere?.
Sono uscite verso le sei. La casa vuota all’improvviso. La grande mi ha comprato una vaschetta di gelato. E la piccola le candeline. Che in casa nostra non ce n’è traccia, di candeline intendo. Anche di altro, in effetti!
Così, dopo il minestrone hanno spento la luce e sono comparse con questa torta che non è una torta.
D’altronde neanche io sono una madre che non è tanto madre. Per lo meno una di quelle tutta d’un pezzo. Mi sbriciolo in un attimo.
Per quell’attimo del mio compleanno, le due, però, non hanno litigato e a me è sembrata una meraviglia. Pace rara in casa nostra.
Mi hanno detto (mentre si leccavano i baffi): “Volevamo farti un regalo. Ma non avevano i soldi”.
Non è una novità, anche perchè i soldi o arrivano da me o arrivano da me. Noi madri ne sappiamo qualcosa degli autoregali, mi sa.
Insomma si sono arrangiate, sono andate in una delle mie gelaterie preferite. 10 euro il loro tesoro. Hanno scelto tre gusti: nutella, yogurt e menta. Che a vederli insieme non è che siano proprio il massimo. Eppure mi è sembrata la torta non torta più buona del mondo. Che le cose normali non fanno per me.
E le figlie normali pure.
Che se la normalità non è abbastanza, ci si sforza per cercare strategie alternative. E vedere le cose da un altro punto di vista.
Alla fine ho avuto il mio compleanno. E sapete che a me non piacciono tantissimo.
Una sera qualunque, in una casa qualunque. E nel pomeriggio il mio compagno mi ha montato le luci Ikea. E alle ventuno ero dovevo stare. Che sto diventando vecchia. Ma non ditelo in giro che i miei alunni pensano che io abbia solo 20 anni.
Poi, la girl piccola mi ha fatto una foto, mentre soffiavo sei candeline, e ci ha scritto sopra (alla foto) una di quelle frasi che odio, di quelle che servono a incensare il nostro ego e mostrare al mondo che razza di madri brave siamo. La frase faceva più o meno così: Alla donna che… ( il resto l’ ho rimosso?).
“La metto sul mio profilo istagram” mi ha detto come se fosse un grande onore.
Le ho dato un bacino, ma ho pensato che quella foto sembrasse una brutta copia di un Santino. Di quelli che si tengono in borsa contro la iella.
Poi stamattina vado a fare un giro su quel profilo (ogni tanti sbircio per vedere che non metta stronzate: boccuccia a cuore, tette al vento…) e non c’ero.
Per fortuna.
Non c’ero.
Non ha messo la fotografia con quella frase fatta scritta sopra. E non so perchè, ma la cosa mi ha reso felice.
Anzi lo so. Ho pensato che non avesse bisogno di mostrare se e quanto mi vuole bene. Nè di dirlo al mondo.
Che sono lì, vicino a loro. E io lo sento. Sento che mi vogliono bene. E loro pure, spero.
E non hanno bisogno di rendermi grazia.
E questo sentire basta. È sufficente.
Fa da sfondo.
Ci trasporta dentro i giorni e le fatiche.
Al di là delle torte o dei regali.
Ci fa essere presenti.
Voglio pensare sia questo che conti.
Esserci.
Nelle sere qualunque.
Che nei giorni di festa è piuttosto semplice.
Nei convenevoli pure.
E di convenevoli la mia vita è stata piena.
Buongiorno, buonasera, auguri.
Baci sulla guancia. Anello quando è nata la prima bambina. Louis Vuitton a Natale.
Le più ricche si fanno regalare il Tennis, credo si chiami così il braccialetto con i brillocchi ( quello mi piace un sacco!)
Si deve. Si fa. Si usa.
E ci sono morta dentro. Ai convenevoli.
Insieme al mio matrimonio.
Le mie figlie no.
Quel bene non ho intenzione di giocarmelo. Venderlo. Fingerlo.
Perchè si deve. Si fa. Si dice.
Me lo tengo bello autentico.
Magari non lo vede nessuno.
Ma noi sappiamo che c’è.
E guai a chi ce lo tocca.
Che nelle sere qualunque ci siamo noi. E questo basta. È sufficiente.
Resiste.