Sono tornata.
Ho fatto tante cose in quella giornata.
Ho preso il caffè al bar con calma. Sono andata a lavorare. Sono andata da mia mamma, mi sono coricata sul divano e ho allungato i miei piedi da coccodrillo sulle sue gambe. Le ho fatto leggere le prime pagine del romanzo per vedere se scorrevano. E lei correggeva gli errori, parole unite o mancanti, come quando ero piccola.
Ho volto lo sguardo in alto. Mio padre era lì, sulla libreria in una scatola dell’Ikea e in una foto più sotto, elegante e bellissimo, il giorno del matrimonio di mia sorella.
Buffa la vita, a volte.
Nel primo pomeriggio ho visto una mia cara amica. Ci siamo mangiare il nostro solito gelato, sedute su una panchina. E ci siamo raccontate. Come sanno fare le amiche. Senza giudizio.
Poi sono andata a insegnare, ma, forse, insegnare è una parola troppo grossa, a un ragazzo nigeriano dagli occhi grandi, la nostra lingua italiana che spero diventi la sua.
Poi ho camminato fino al mare. Tanto. Volevo che i piedi mi facessero male. Le gambe pure. Guardavo le vetrine e mi sarei tanto voluta fermare e comprarmi qualcosa, ma tutto costa troppo e ho continuato a camminare. A volte, abbiamo bisogno di dolore per superare le situazioni.
Loro, le girls, non mi hanno chiamata mai. Come avevo chiesto. La piccola mi ha mandato un messaggio a metà pomeriggio in cui mi chiedeva scusa per il fatto che mi stava disturbando, ma aveva bisogno dei soldi della pizzata. ? Ovviamente ho fatto in modo che li avesse.
La grande mi ha telefonato dopo cena per chiedermi come stava andando.
“Bene”, le ho risposto. Ed era vero. In fondo volevo tranquillizzare anche lei.
La sera ho visto degli amici, e non mi sentivo in colpa. Guardavo il mare e chiacchieravo pensando a come la vita, a volte, ci rubi tempo buono e la volontà di stare bene. O forse, a volte, I figli sono davvero un alibi.
Io e il mio compagno siamo saliti in macchina, e lui mi ha detto: “Ti guardavo stasera, eri bella” e io pensavo quanto mi sento uno schifo e da quanto non mi compro qualcosa.
Penso alle parole, quelle che sono cura, quelle che, a volte, non riesco a dire alle mie figlie e nemmeno a me stessa. Quelle a cui sono grata quando chi mi ama me le rivolge.
Abbiamo caricato la piccola, di ritorno dalla pizzata. Ci siamo dette poche parole, ché c’era ancora bisogno di silenzio.
Sono entrata in bagno, i rotoli vuoti di carta igienica erano ancora lì. Spesso, le cose cambiano, ma, alcune, rimangono uguali. Inutile. L’ adolescenza passa anche dalla carta igienica. Dalle luci accese. Dalle madri e i padri che continuano a spegnere, raccogliere, rimproverare.
La grande è rientrata tardi e ho avuto l’impressione che pure lei camminasse in punta di piedi.
Non ci siamo dette nulla, ma io so che si sono parlate e hanno pensato alla mia assenza, sono passati due giorni e la “delicatezza” aleggia ancora in casa nostra. Come una roba bella.
Forse sto invecchiando, ma non voglio essere una madre da denti stretti. E nemmeno una donna nevrotica. Eppure, a volte, devo scendere fino in fondo per risalire. E anche per le mie figlie credo sia così.
Devo separarmi, per poter tornare.
In fondo, loro sanno che ci sono, a volte di più, quando mi salvo da loro.
Ritrovo i confini. Mi ricompongo.
Invece di dirmi che tengo, che ce la farò, che sono un’eroina. Che arrivo ovunque.
Non è vero.
Non arrivo da nessuna parte se non provo a voler bene prima a me stessa.
Solo che devo ripetermelo spesso e pure camminare tanto e andare lontano, per tornare a loro.
E farmi di nuovo casa. Come allora. Come sempre. Come un ritorno.
Penny
#ilmatrimoniodimiasorella
Quando i miei figli erano piccoli talvolta li lasciavo col padre qualche giorno e con una amica andavamo fuori., lontano da tutto e tutti per ritrovarci, staccare la spina, camminare in silenzio o rintanarci in qualche camera d’albergo a non far niente..
Per anni ci hanno fatto sentire in colpa, eravamo giudicate… Madri pessime, donne frivole e fuori di testa… Nessuno ha mai capito il bisogno di dare spazio alla parte più nascosta di noi, a quella ricerca di un qualcosa che sapevamo che c’era ma ci sembrava irraggiungibile. Oggi a distanza di molti anni so di aver fatto bene, ritornavo ritemprata e più serena. E dopo 24 anni di un pallido, scolorito e mediocre matrimonio mi sono separata. Sono serena col mio compagno col quale condivido tutto da ben 17 anni, non ho bisogno più di andare perché ho trovato il mio porto sicuro e non perché c’è lui ma perché finalmente sono libera
Non devo aggiungere altro. Hai detto tutto ciò che c’era da dire. Spero che qualche giovane donna ti legga. Grazie. ❤️ Penny
Vai e torni…é il ballo della vita. Ci si assenta e poi ci si ripresenta. Con amore sei presente, ma con amore sei anche assente. Ci ho messo un bel po’, ma forse ho capito.
Ps
Ora sì presente però….Non vedo l’ora di leggere il prossimo libro. A Roma si dice:
Mica poi fa come te pare!”?
Torno. Torno. Sempre. ?Penny
Ogni giorno mio marito me le ripete le parole che curano.
E mi hanno curata, infatti. Dopo aver visto demolita ogni autostima e consapevolezza di me, dopo aver visto emergere tutto il peggio in me e intorno a me. Oggi so. So che ho un grande valore per lui e i miei figli. So che posso andare e tornare, dopo mezza giornata, uno o 4 giorni. Loro non rimproverano mai. Hanno capito che torno rilassata, carica di entusiasmo e che ce n’è anche per loro.
E lui ogni giorno mi abbraccia e mi chiede di stare lì appiccicata a lui, ché lo ricarico.
Che meraviglia. Grazie. Spero sia speranza ai molti che bazzicano di qui. Baci Penny