Sono andata via con la girl piccola una settimana, la grande è rimasta a casa. Prove di autonomia. A giugno sono 18! C’è la scuola, la gita di classe, gli amici.
È il primo anno che non viene con noi, e questa breve vacanza è sempre stata un dono.
Sia io che sua sorella eravamo dispiaciute che non ci fosse, ma le cose cambiano. Tutto muta, anche lo spazio in cui stare con i figli, e un po’ è dolore. Un dolore necessario. Trattenere sarebbe davvero inutile, uno spreco di tempo.
A metà settimana ho cercato di fare in modo che la girls grande ci raggiungesse ma non ci sono riuscita, durante le nostre conversazioni lei, a un certo punto, mi ha scritto:”Ti manco?” con cuoricino al seguito.
Quando quelle due parole sono comparse sul mio telefono ho pensato al bisogno dei figli.
Al suo di mancarmi.
Al mio di essere una madre degna.
“Certo” le ho risposto come se le avessi rimboccato le coperte, quasi fosse ancora bambina.
Ho pensato che cambiano i gesti ma il senso del nostro agire è lo stesso. Che si cerca di amarli. Che le parole sono, a volte, come carezze. Che le diamo per scontate, ma servono, quando crescono forse di più.
Comunque, oggi, quando siamo tornate a casa mi sembrava contenta. Mentre facevo le lavatrici e mettevo a posto, lei si è piazzata in cucina a studiare Dante. La sua voce un sottofondo rassicurante.
A un certo punto , non so come, prima di andare a ripetere da un’amica, è venuto fuori il discorso sulla famiglia, sul mio tentativo incasinato di essere una buona madre. Sulle mie insicurezze.
Lei, già sulla porta, mi ha detto: “Mamma, tu hai fatto così tanto per noi che avere un padre accanto sarebbe solo un valore aggiunto, ma sono certa che sarò felice e se avrò dei figli sarò buona con loro, come lo sei tu”.
Mi sono commossa ma non ho avuto il tempo di dire niente perché ha aggiunto: “Volevo dirti una cosa bella, non so se ci sono riuscita”.
Quando è uscita ho pianto. Perché noi madri separate (e forse non solo) sappiamo che nella vita dei nostri figli mancherà sempre qualcosa, sappiamo qual è il rischio se non stiamo attente. Lo sappiamo bene, e forse lo sanno anche i nostri figli.
Ho pianto perché lei crede nella sua felicità, crede, come non ci credevo io. Crede alla possibilità di essere felice e per il momento mi sembra l’unica cosa che conti. L’unica cosa davvero importante.
E non so se dipenda da me, da noi, da quella famiglia che cerchiamo di essere insieme noi tre, ma poco importa. Il dolore è alle spalle. E, in qualche modo, ha avuto un suo significato.
Il resto, amiche mie, non ha più importanza.
A diciassette anni lei punta su di sé. Sulla sua felicità.
E io sono certa che ce la farà.
Sono sua madre e credo in lei.
Penny
e allora ogni volta che le tue insicurezze da mamma verranno fuori rileggi e ripetiti questa “cosa bella” e importante che ti ha voluto dire. e sii felice Penny per tutto quello che ogni giorno fai per loro, ma soprattutto per quell’ esserci sempre.
Grazie. Grazie. Grazie. ❤️