Mi piace parlare con le amiche. Mi piace e so che se ho un problema loro ci sono. Non è facile raccontarsi, non sempre, soprattutto, quando ci sono di mezzo i figli.

Gli uomini no, non parlano, non si confidano e se hanno un problema tendono a tenerlo per sé, come se fosse una questione di forza.

In realtà macinano tristezza e non si accorgono del carico a cui sottopongono le persone che hanno a fianco, ovvero, le mogli.

In questo, noi siamo più fortunate, ci hanno insegnato che parlare di sentimenti è una questione tutta femminile, siamo legittimate a farlo.

Dovrebbero esserlo anche i maschi e staremmo tutti meglio, magari le relazioni potrebbero finire tranquillamente e nessuno ci lascerebbe le penne, ma questa è un’altra storia e non è di questo che volevo parlarvi oggi.

Pensando ai figli, la scuola è sicuramente un elemento che destabilizza le reazioni all’interno della famiglia.

Quante volte ci troviamo a litigare con il nostro partner perché ci sentiamo tutto il carico addosso, oppure ci contraddice nel momento in cui riprendiamo i nostri figli?

È difficile capirsi e andare nella stessa direzione. Dentro ai nostri modi di agire ci sono le nostre storie e le nostre incapacità e nel conflitto con i figli affiorano tutte.

Così, a volte, oltre al carico del pargolo si aggiunge anche quello della relazione di coppia.

Di certo, quando abbiamo qualche casino, confidarsi con le amiche richiede coraggio, vuol dire accettare di mettersi a nudo e dire: non mi sento capace.

Ecco, credo che questa sia una grande possibilità per ognuna di noi, quella di poterne parlare, poter esprimere il disagio dell’essere madri.

La cosa buffa è che in quei momenti abbiamo quel senso di onnipotenza che ci frega: pensiamo che tutto dipenda da noi.

Portiamo i loro insuccessi sulla nostra schiena e siamo noi quelle che ci sentiamo fallite per non aver fatto un buon lavoro.

Gli uomini non parlano, quindi, difficile capire cosa pensano, così, a volte, sulla schiena portiamo pure i loro silenzi e la loro negazione del problema.

Io so una cosa, possiamo prodigarci per i nostri pargoli, dannarci, perché, stanno perdendo anni di scuola o sono chiusi in casa o escono troppo e il loro futuro ci è incerto, però, dobbiamo sempre cercare di tenere a mente due cose, la prima è che non possiamo salvarli, neppure noi che siamo le madri, la seconda è che quel sentimento di onnipotenza ( io lo salverò) è lo stesso che ci rende vittime e ci fa agire come se fossimo dei criceti su una ruota.

Difficile lasciare andare, sottrarsi al gioco del massacro, per questo servono le amiche, per ricordarci che siamo tutte sulla stessa barca, tutte fallibili con figli fallibili, anche quelli in linea retta, quindi, nessun privilegio di incapacità materna.

La verità è che ha detto bene una mia cara amica: non ci sono consigli. Si naviga davvero a vista. Non c’è un modo per essere una buona madre.

Forse, invece di cercare soluzioni per tutti, manlevando gli altri ( figli e mariti) dalle proprie responsabilità, a volte, si dovrebbe stare ferme.

Siamo compagne di strada, questo vorrei dire a chi si sente incapace. Lo sforzo è lo stesso. Le disavventure fanno parte del percorso. Non potrebbe essere diverso.

Dovremmo essere clementi con noi stesse e con le madri che siamo.

Possiamo iniziare da qui ogni volta che ci sentiamo perse.

E l’amicizia, come la carezza che vorremmo, dovrebbe ricordarcelo.

Questo è il suo compito. Il nostro quello di prenderci una pausa e respirare che il mondo va avanti lo stesso e i figli pure.

Penny

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