A volte il valore che ci viene riconosciuto dipende del corpo. Mi spiego meglio.

Il nostro corpo è ciò con cui, spesso, veniamo misurate. Il nostro corpo deve avere uno scopo, non solo quello di procreare o di nutrire ma anche quello di procurare piacere all’uomo.

Siamo oggetti di soddisfazione di piacere, insomma, da sempre. Se non lo concediamo, spesso, lo pretendono con la forza, a volte, sono solo botte, altre perdiamo la vita.

Lo stupro viene considerato come un incidente di percorso, qualcosa di cui, a volte, non c’è neppure bisogno di pentirsi.

Il consenso è relegato all’angolo, come se volontà e corpo fossero due aspetti distinti del nostro essere.

In Europa solo il 14% delle accuse di stupro diventa una condanna. Per non parlare dello stupro nelle zone di guerra, per non parlare quando lo stupratore è tuo marito, ci sono nazioni in cui lo stupro nel matrimonio è addirittura consentito, in altre permane implicito.

Sono giorni che si parla di Indro Montanelli e della statua deturpata per mano della rete degli studenti. Non si doveva fare, si dice. Giusto, ma un grande intellettuale si può scindere dall’uomo e dalla sue azioni?

Molte sono le voci di uomini che si stanno alzando indignate per l’accaduto e, allora, mi chiedo perché quando si parla di quella “sua” sposa eritrea dodicenne nicchino, si voltino dall’altra parte e non tirano fuori la stessa indignazione.

È questo che stona, ciò che è considerato “pacchetto completo”.

“Lei aveva dodici anni. In Africa è così”, disse Montanelli, “l’avevo regolarmente sposata nel senso che l’avevo comprata dal padre. Mi portava la biancheria pulita”.

Spesso, ancora oggi nel mondo le ragazze sono viste come merci negoziabili: quelle più povere o residenti nelle aree rurali si sposano giovanissime. Il 33% delle spose bambine vive in India.

Cosa dobbiamo dire: così fan tutti? Legittimare quello che di fatto è uno stupro perpetuo? E continua ancora oggi?

Sono bambine libere quelle? Come si chiamano coloro che le mercificano e le comprano? Intellettuali? Non credo.

Più di 200 milioni di ragazze e donne che oggi sono ancora vive, sono state sottoposte a mutilazione genitale femminile. La pratica di solito viene realizzata con rasoio o raschietto, in contesti informali senza, ovviamente, anestesia.

Lo scopo, lo conosciamo, è quello di garantire la desiderabilità e l’idoneità delle donne al matrimonio e, soprattutto, controllarne i comportamenti sessuali riducendo il desiderio femminile.

L’Unicef stima che 120 milioni di ragazze e donne sotto i vent’anni siano state vittime di rapporti sessuali forzati o altri atti forzati in qualche momento della loro vita.

E poi c’è la pedofilia, la pedopornografia, i traffici sessuali, nel 96% dei casi sono donne e ragazze, il turismo sessuale, altra grande piaga italiana.

Potremmo scrivere un saggio sui comportamenti di abuso degli uomini sulle donne ma questo non è il posto giusto.

Non è per lui, cari signori che quella statua non dovrebbe stare lì, non per Indro Montanelli, anche, ma, soprattutto, per tutti gli altri uomini, quelli che sfruttano la povertà e la “fragilità sociale” delle bambine, delle ragazze e delle donne perché così fan tutti. Perché così funziona da sempre.

Le regole devono essere cambiate nel mondo e per farlo abbiamo bisogno di raccontare la STORIA, in ogni suo aspetto. La negazione è ciò che permette ancora oggi gli abusi.

Perché si veda, si dica e si scriva che nel mondo ci sono 12 milioni di bambine che sono costrette a nozze precoci, persino a 10 anni.

Perché si veda, si dica e si scriva che il corpo delle donne non ha lo scopo di procurare piacere all’uomo, ma di esistere, di desiderare, di essere libero a partire dalle bambine.

Penny

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