Ieri ho chiamato una persona che stimo molto per capire come tradurre in atti, quelli in cui credo, se venissi eletta. Di quelle donne che dovrebbero esserci nella vita di ognuno di noi. Pilastri ed esempi.
Abbiamo parlato tanto di maternità ma anche di paternità. Come coinvolgere i padri nella cura, come averli al nostro fianco nelle lotte.
Lei è una sociologa, ad un certo punto, ha parlato di paradigma della maternità intensiva e ha detto: “Sai, adesso non ci si aspetta da noi solo che facciamo figli ma anche che li educhiamo bene e se non succede o se ci sono degli intoppi ci sentiamo responsabili”.
Cavoli! ho pensato, questo mio sentimento ha un nome, questo sentimento che cerco di scrollarmi di dosso da una vita è qualcosa che non è solo sulla mia pelle ma “appartiene” al genere femminile.
Ho pensato alle mie madri, quelle dei miei alunni, passate nel tempo.
Potrei sovrapporre gli occhi e l’angoscia di non fare mai abbastanza, di non fare il giusto.
Di arrivare in ritardo, di non essere sul pezzo e se c’erano dei problemi ( come normale che ci siano nel percorso di ogni bambino) domandarsi subito: dove ho sbagliato? Sono stata poco presente? Cosa non ho visto? Dove non sono stata capace?
Le donne pensano che la colpa sia loro perché implicitamente l’educazione è data per scontata nel lavoro di cura, come il resto.
Magari hanno dei buoni compagni o mariti ma il risultato non cambia: la colpa di non educare come si deve ci stringe e ci condiziona.
Credo che si possa andare in contro tenenza, il lavoro di consapevolezza aiuta, anche richiamare alle responsabilità i padri ( che è bello condividere in due ) è importante.
Destrutturare continuamente, ovvero, spingere quel micro pensiero quotidianamente in cui ci diciamo che non siamo il fulcro del mondo, non possiamo tutto nemmeno se lo volessimo, (probabilmente non lo vogliamo neppure).
Torno indietro e penso alla mia vita di giovane donna, poi di ragazza e di bambina.
Penso al peso sociale che già quella bambina aveva sulle spalle. Sarà sposa, sarà madre, sarà una madre educante.
Sarebbe stato bello che qualcuno mi avesse fatto partire senza sovrastrutture. Sarebbe dipeso da me.
Invece si sono dimenticati di raccontarmi una parte della mia storia, quella senza la quale nessun processo sano è possibile.
Sarà una donna felice.
Penny