Questa è la scuola dell’improvvisazione. Lo abbiamo capito. Lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle.
A settembre si riparte, unico dato certo per ora (oltre ai banchi che non sono ancora arrivati a destinazione).
Altro dato certo sono le relazioni tra gli insegnanti (non tutti ma molti) e le famiglie ( non tutte ma molte).
Altro dato certissimo è che la relazione, lo scorso anno, ha tenuto in piedi la scuola. La relazione, per quanto si parli sempre di disciplina, meritocrazia ecc…è il pilastro dell’istruzione.
L’anno scorso abbiamo capito che senza la scuola (ovvero il diritto inalienabile all’istruzione) siamo perduti, lei, la Scuola, con le S maiuscola, deve tornare ad essere al centro dei nostri pensieri e dei nostri investimenti, della nostra comunità educante.
Abbiamo anche capito che la scuola senza la salute e quindi una sanità pubblica che funzioni si scioglie come neve al sole.
Investire nella prevenzione, a quanto pare nel nostro Paese, non è priorità. Nel rapporto sanità dell’ Ocse IN ITALIA SPESA È INFERIORE DEL 15% RISPETTO ALLA MEDIA.
Investire vuol dire ridare vigore a quei dipartimenti della prevenzione in cui esistevano ( esistono ancora? chi li vede?) i medici scolastici, gli assistenti sanitari ecc… operatori che entrino nella scuola e siano garanzia di tenuta e presidi.
La prevenzione, in emergenza, riguarda il covid, ma potrebbe riguardare quelle malattie che nell’adolescenza e nella pre-adolescenza spuntano come funghi, i disturbi alimentari, i tagli, che i nostri ragazzi o le nostre ragazze, si procurano, le malattie sessualmente trasmissibili.
A quanto si è capito ci sarà un responsabile Covid in ogni scuola, ecco, non dovrebbe essere un insegnate improvvisato, ma un operatore sanitario. Chissà se ci penseranno.
Nel frattempo noi sgombriamo le aule, inscatoliamo per fare spazio ai banchi, sperando che i banchi non siano stati immaginati come l’unica soluzione; né vorrei ritornasse la maestrina dalla penna rossa e dettati alla lavagna; ad esempio, all’orizzonte non si vedono assunzioni per eliminare le classi pollaio, ovvero è tutto uguale a prima.
L’età media degli insegnanti italiani tra l’altro è altissima, supera i 50 anni. In Francia è 42, in Germania 41, in Gran Bretagna 38, in Giappone 32. Da noi (dati Ocse) il 59% dei docenti è ultracinquantenne. Solo lo 0,5% ha meno di 34 anni e, scusate, ma questo la dice lunga. Dai dati del prossimo concorso non cambieranno le cose da qui a breve.
Un sistema che non si rigenera con l’entrata dei suoi giovani deve porsi delle domande e piuttosto serie.
Ad ogni modo, rispetto alla ripresa della scuola in sicurezza c’é un silenzio assordante.
Noi docenti, come voi, riceviamo notizie giorno per giorno. Minuto per minuto. Ogi volta che arriva un’email chiudo gli occhi.
Quelle intese promosse dal governo, scuola-territorio ( ognuno fa per sé) nella mia regione non ci sono state.
La mia scuola rimarrà chiusa dentro a se stessa, nessun spazio esterno è stato trovato per accoglierci, nonostante le richieste della Preside, dell’associazione dei genitori e dei comitati e quando qualcosa è stato trovato, dopo sollecitazioni, era tardi o non a norma.
Finché la scuola sarà lasciata alla scuola, chiusa in quattro mura, a volte, nemmeno solide, avulsa dal territorio che la abita, le cose non funzioneranno. Ma che lo dico a fare.
La scuola dovrebbe essere aperta al territorio, nel territorio (quartieri e ambiente), per il territorio (quando non ci sono le ore di lezione), pomeriggi, sabati, estate ecc…con progetti ad hoc o attività ricreative e sportive che siano di qualità e di sostegno alle nuove esigenze lavorative delle famiglie.
La scuola è un bene comune, forse dovremmo ricordarcelo.
La scuola dovrebbe avere una psicologa/o, un pedagogista/o, un medico scolastico e/o un’assistente sanitaria.
La scuola dovrebbe parlarsi con il consultorio di riferimento ed essere un braccio unico su cui appoggiare la salute, l’istruzione è l’educazione, di chi la abita tutti i giorni.
Bambini e bambine, ragazzi e ragazze, famiglie, docenti e personale Ata.
Invece, continuiamo ad avere una scuola improvvisata e improvvisa, con ciò che ne consegue.
Inutile dirvi e dirci che bisognerebbe mettere risorse nella scuola e nella sanità pubblica creando un unico asse su cui gettare le fondamenta di un nuovo modo di pensare.
Il benessere psicofisico, la salute e l’istruzione sono interconnessi e devono camminare su progetti comuni.
Ne va del futuro dei nostri figli.
Non c’è scuola e non ci sarà scuola sicura senza una sanità che la sostenga. Al di là dell’emergenza. ( ho fatto pure rima)
Noi lo abbiamo capito. Il problema è: lo avrà capito il ministero? Lo avranno capito gli enti territoriali e regionali?
Non vorrei che dopo i banchi ci arrivi un kit fai da te di pronto soccorso e la scuola restasse, come sempre, la scuola dell’improvvisazione.
Che sia tempo di cambiare?
Penny