La ricerca della felicità non è mai un atto di egoismo. Il perché è spaventosamente banale: è contagiosa.
Che cosa vuoi di più dalla vita?
Essere felice, risposta semplice.
Ne parlo spesso e faccio una testa così alle mie figlie su questa faccenda della felicità. Non voglio ci siano incertezze su questa mia unica certezza.
La mia felicità è interamente legata alla loro, se loro non sono felici non posso esserlo nemmeno io. Ma se è vero questo assioma è altrettanto vero il contrario.
Se noi non siamo felici non possono esserlo neanche loro. I nostri figli.
Semplice come una fetta di pane olio e sale, come la cucina della nonna dove non c’era nulla ma c’era tutto.
Eppure, quando una donna spinge per la sua felicità, qualcuno ( non necessariamente un uomo, a volte, è una madre, una suocera, un padre, un’amica) ti dice: “Lo capisco che tu voglia stare bene ma non pensi ai tuoi figli? A tuo marito?”. Arrivando a quella frase detestabilmente detestabile: “Cosa ne penserà la gente?”.
Punto primo: è proprio perché penso ai miei figli e a mio marito ( infelice pure lui) che voglio essere felice, pretendo da me stessa una vita degna. Ho solo questa, non ne ho altre, non ci sarà un prossimo giro.
Punto secondo: la gente chi? La vicina del piano di sotto? La prozia? Che pensino ciò che vogliono. Ai pranzi di Natale, alle cerimonie, agli incontri familiari, la mia felicità darà risposte certe.
Quindi, continuare a chiederci di essere infelici, quello sì che è un atto di egoismo, perché se non si è capaci di sbrogliare la propria esistenza non si può chiedere ad un altro di sbrogliarla per te. Quello non è amore, è un suicidio collettivo in cui alla fine si perde tutti.
Quindi, se non avete la risposta pronta, se vi mettono sotto pressione e vi cacciano in testa dubbi, voi sappiate che la felicità non è mai un atto di egoismo.
La ricerca della felicità prevede coraggio e contagia chi ci ruota intorno, quindi anche i figli. Esattamente come fa l’infelicità.
La scelta è solo nostra. Le risposte le avete.
Penny
https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/
Il weekend scorso ho scritto quello che segue, per segnarmelo in qualche modo. “Mi è successa una cosa bella: un bel momento in famiglia, ragazzi qui con noi, un gioco insieme, ragù sul fuoco, e il pensiero della malattia che non se ne va mai, come un peso sulla spalla, nella testa, dentro di me non mi ha fatto venire la solita stretta al al cuore, stomaco, quel che è, mi ha fatto sentire una sensazione di piacere perché stavamo costruendo ricordi belli insieme. Per cui comunque il pensiero della finalità fragilità della mia vita, ancora più a rischio in questo momento, per una volta non ha portato angoscia. Quando me ne andrò non lascerò solo dolore ai miei cari. Lascerò anche calore amore e profumo di ragù e tutto il bene che questi tre e altre persone care hanno portato nella mia vita.” Il tuo post me lo ha ricordato, tutto vero anche se durissimo, grazie.
Ho scritto il commento sotto il post sbagliato, scusami! Tecnologica poco..
Io vorrei solo sapere che tu stia bene. Dammi notizie cara Linda. Ce la farai, forse ce l’hai già fatta in qualche modo. Grazie di avermi scritto. Farò tesoro di queste tue parole. ❤️
non è così semplice. Non è affatto così semplice.
Spesso la propria felicità è frutto di un atto di egoismo.
E’ la consapevolezza che per il nostro stare bene qualcun altro soffrirà.
Io la felicità ce l ho proprio qui, a portata di mano, ma nell’afferrarla so che una persona soffrirà tantissimo.
E passo le giornate a piangere perchè mi sembra quasi di non meritarla, se quell’altra persona soffre.
È vero la felicità è un atto di egoismo ma l’amore prevede atti egoistici, di salvezza del sé. Se non ci salviamo noi non possiamo di certo amare come si deve ma solo sprofondare insieme.