DAL CORRIERE DELLA SERA.
“L’uomo lavorava da 20 anni in un’azienda agricola di Ceretto che produce sementi. «Era un gran lavoratore, viveva per la famiglia — dice una vicina —. Sapevo che tra loro c’erano problemi, ma non pensavo sarebbe finita così». Barbara voleva separarsi, ma il marito non accettava la sua decisione. Ultimamente le liti tra loro sarebbero state frequenti. Lui «lavorava anche al sabato e la domenica per finire la villetta che avevano costruito — continuano i vicini —. Alberto era una persona tranquilla. Sempre attento e gentile. Evidentemente la prospettiva della separazione lo ha sconvolto. Aveva chiesto a Barbara un’altra possibilità, ma lei diceva “quando dico di no è no”. L’abbiamo vista ieri sera era tranquilla, anzi euforica».
Poteva finire in tanti modi l’articolo, invece, termina così, con l’assoluzione del femminicida. Lui gran lavoratore, lavorava anche il sabato e la domenica per finire la villetta! E non mi dite che Barbara attraverso queste parole non faccia la parte del carnefice, quasi presuntuosa con quei suoi No.
La vittima non è vittima. E mi si accappona la pelle.
Barbara ha pagato con la vita il suo no e l’hanno pagata anche i suoi due gemelli di due anni, Alessandro e Aurora (che lotta tra la vita e la morte). Che importa se sono stati uccisi da tre colpi di pistola, lui era una brava persona.
Una brava persona non uccide una moglie e i suoi figli una notte buia di novembre!
Un altro uomo che uccide una donna e viene raccontato come vittima della vittima, il che è un assurdo. Neanche alla morte di due bambini siamo in grado di narrare la verità. Non inchiniamo il capo nemmeno lì.
Il messaggio è chiaro, giustifica gli uomini verso gli atti violenti se dovuti alla separazione. E invita le donne a restare nel luogo sacro del focolaio. Poi, nessuno si interroga se quel focolaio fosse una prigione. NESSUNO.
Lasciatemi postare quel sorriso, anche se fa male, perché, è di lei e dei suoi bambini che dobbiamo onorare la memoria. È la sua vita e quella dei suoi figli spezzata da un marito e un padre.
Non c’è altro da raccontare. Non ci sono colpe, non le loro. Solo quelle di lui che non era una persona per bene ma un femminicida.
Penny
Notare anche che l’assassino viene nominato come “lui”, “uomo” o per cognome, mantenendone comunque la dignità di persona adulta, collocata nella società. Lei è solo Barbara, come i figli, con una familiarità offensiva e vergognosa per qualcuno che si professa giornalista