Quando cammino le cose che mi porto dietro sono più o meno sempre le stesse. I documenti, le pastiglie per gli attacchi di panico che non prendo ma ho necessità di avere dietro come una rassicurazione ( nel tempo ho imparato a concedermele), il portafoglio, la borraccia, un pacco di fazzoletti, una bustina con dentro la qualunque: forbicine, medicine varie, cerotti per i bambini, lima, un rossetto, una matita nera e la tristezza di mia figlia.
Nei momenti in cui cammino a volte sento la musica, altre ascolto il silenzio, non quello che fa male, del non detto, dei musi e recriminazioni che conosco alla perfezione, ma quello che mette pace. In montagna non ho paura, nonostante a volte il buio piombi su di me, non penso mai che possa succedermi qualcosa come, invece, mi succede alla sera quando rientro a casa nelle strade della mia città.
Una donna pensa sempre che possa succederle qualcosa, sa che un uomo avrebbe la meglio, sa che un uomo ci metterebbe niente ad aprirle gambe a forza e squarciarle il corpo e l’esistenza per sempre come è successo sul treno pochi giorni fa ad una ragazza di 25 anni che rientrava a casa.
Una donna sa che deve misurare la lunghezza della sua gonna o l’ampiezza della sua scollatura per non essere giudicata e considerata accessibile, una donna durante la sua vita impara a comprimersi per non provocare le reazioni degli uomini oppure impara a farsi desiderio più che a desiderare. Oscilla tra quella compressione e la mercificazione. Trovare dove possiamo stare non è semplice, a volte, ci si mette una vita a capire che quella roba lì, come donne non ci riguarda.
Ecco, mentre camminavo mi guardavo gli scarponi e, non prendetemi per pazza, ma pensavo che i momenti in cui io mi sento davvero bella sono questi, non quelli in cui mi sono agghindata per altri, ma quelli in cui sento i muscoli muoversi per affrontare la strada, in cui intorno a me non c’è nulla e l’orizzonte è quel puntino laggiù, in cui l’unica che si guarda sono io.
Ho scoperto tardi che la bellezza non ha nulla a che fare con la perfezione del corpo ma con la forza che quel corpo sa portare, con la solitudine che sa sostenere, con la seduzione dell’autodeterminazione, con l’essersi fatta un mutuo, con il avere il potere sulla mia economia anche se barcollante, con il potere sulla mia vita. Questa è la mia seduzione.
Mentre camminavo nessuno mi avrebbe fermato e Dio sa come mi sentivo, la forza che trasudavo, la bellezza che emanavo, non c’era nessuno a confermarmi quella bellezza ed era sollievo. C’ero io e quel corpo, valla a spiegare agli uomini questo tipo di bellezza, vai a spiegare quanto fa stare bene.
La mia bellezza ormai non a niente ha che fare con la bilancia, con il peso, con quanti mi guardano e con la pelle che cambia e si fa tenera pronta per un nuovo tempo, con l’agghindarsi ( e con questo non voglio dire che sia sbagliato ma che ogni donna sia libera di decidere per sé) e non è sempre facile, spesso, cado nel tranello del “sono bella se gli altri lo riconoscono”.
La verità è che la mia bellezza ho imparato a sentirla, fa rumore ed è forte e compare quando sono sola e agisco sulla mia esistenza di donna e di madre, c’è voluto mezzo secolo per farlo.
Mezzo secolo per capire che la bellezza non si vede, si sente.
Penny❤️
https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati
https://www.giunti.it › catalogo › il-…Il matrimonio di mia sorella – Cinzia Pennati – Giunti
Credo sia il dono che, ad un certo punto della vita, scartiamo tutte e che ci sorprende per la felicità che può dare. ❤
È vero, un dono.
Grazie
❤️