Muoiono i bambini, mentre i grandi giocano alla guerra e decidono come spartirsi il potere.
Muoiono i bambini, mentre i grandi alzano il tiro, bombardano, sterminano, combattono per la vittoria.
Quale vittoria?
Muoiono i bambini, mentre i grandi nei tavoli dorati dei grandi si prendono il tempo della diplomazia.
Muoiono i bambini, per difendere la Patria.
Quale Patria?
Muoiono i bambini, un minuto prima muovevano i primi passi, dicevano le prime parole, correvano a perdifiato, imparavano a scrivere e un minuto dopo sono avvolti in una coperta azzurra tra le braccia di un padre e hanno un nome: Kirill.
Kirill, è uno, ha diciotto mesi, ma è tutti, tutti i bambini che muoiono di fame o in mezzo al Mediterraneo o nelle tante guerre che ci sono ora nel nostro mondo e che non interessano. Non hanno gas da spartire o interessi da consumare.
Kirill non voleva essere un angelo, come qualcuno scrive, voleva essere un bambino, diventare ragazzo e poi uomo, non voleva giocare alla guerra, non voleva morire in nome della Patria, pensava che il concetto di Patria e confini non esistesse nemmeno più, credeva di essere parte di un mondo.
Muoiono i bambini, perché i grandi non sanno essere madri; perché il potere conta più della cura.
È una guerra questa che non salva nessuno, nemmeno noi, spettatori inermi.
Siamo senza colpa?
Muoiono i bambini, e dentro all’indifferenza, noi non sappiamo più nemmeno se abbiamo il diritto al dolore.
Penny
Foto di: Evgeniy Maloletka, reporter di Associated Press