Non c’è una cura per ogni cosa, a volte non c’è cura. A volte non possiamo far altro che il dolore passi, la sofferenza si trasformi in qualcos’altro, a volte però non si trasforma, rimane dolore, mancanza, per sempre.

Detta così non c’è speranza, invece, credo che la speranza stia dentro alla capacità umana di accettazione non di negazione.

La società della performance, del tutto puoi se vuoi e del dipende da te, è una società negazionista ( termine molto in voga in questo momento) del dolore, è egocentrica o meglio “eroecentrica”, Sei il mio eroe, si dice ai bambini, alle bambine va in voga siate ribelli, siate eroine, combattenti. 

Ora vi fornisco una certezza, visto che conosco bene i bambini me la permetto: a loro un frega una fottuta minchia di essere eroi o eroine, vorrebbero solo starsene tranquilli a fare i bambini e le bambine; sì, giocano agli eroi e alle eroine, ma non ci credono sul serio, appunto “giocano”.

No grandi, invece, ci crediamo, crediamo che con la sola forza di volontà possiamo tutto, cambiare il mondo e l’altro, basta guardarsi dentro, basta fare meditazione, azione, resistenza, resilienza. Eroi e combattenti di carta velina del nostro tempo.

Come se l’altro che incontriamo, la società, il contesto, il tempo in cui viviamo, la storia che ci portiamo dietro, gli eventi non avessero un peso, come se potessimo essere risolutori assoluti del dolore. Cercatori incontrastati della felicità.

Se sei infelice è colpa tua.

Con questo non voglio dire che non possiamo niente, abbiamo molto potere nelle nostre mani e molto possiamo, ma non tutto. Ci sono eventi ineluttabili, cicatrici che non guariscono, ferite che ogni tanto tornano a sanguinare, storie per cui non si può tornare indietro.

Mi piacerebbe una società in cui il dolore avesse la dignità di essere espresso così come la malattia, invece, ci dicono che tutto è superabile ma non sempre è così.

Sto male, che sollievo poterlo dire senza che gli altri scappino e ti chiedano di darci dentro e ritornare subito quella che eri.

A volte quella che eri non torna più.

La vita è fatta di momenti di trascurabile o ineluttabile dolore e felicità. È così contraddittoria da essere spaventosa, così altalenante, imprendibile, che per rassicurarci ne raccontiamo sempre e solo una parte.

A volte non c’è cura, dovremmo dircelo e accettare di andare avanti come possiamo. Il tempo un po’ aiuta a lenire, ma è tutto quello che possiamo dirci; non si è felici sempre, a volte, lo si tantissimo o pochissimo, a volte lo si è quell’attimo che si fa memoria, esattamente come succede con il dolore.

Penny ❤️

Acquerello. Ludovica Faglino

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