Dopo il minuto di silenzio a scuola per il femminicidio di Giulia Cecchettin e aver spiegato che da gennaio sono 105 le donne uccise, un bambino mi ha chiesto: E allora perché non si é fatto un minuto di silenzio anche le altre volte?

Non ho saputo rispondere e in quel momento ho pensato, se la campanella fosse suonata ogni volta che é stata uccisa una donna forse ci sarebbe stata una presa collettiva maggiore, perché i bambini avrebbero iniziato a domandare e gli adulti a sentirsi in imbarazzo per le risposte.

Comunque, questa domanda, perché solo con Giulia il momento di silenzio e perché adesso la forza del rumore che ne é scaturita come un risveglio, mi ha fatto riflettere.

Innanzitutto Elena, la sorella che dopo l’uccisione di sua sorella usa le parole giuste: delitto di stato e patriarcato- potere dei padri.

E poi Giulia era una studentessa a un passo dalla laurea, benestante, che ha successo negli studi, non drogata, non ubriaca, succinta e senza famiglia.

Non poteva avere colpe. Non che le altre le avessero ma ha rotto i luoghi comuni che narrazione intorno alla violenza porta con sé.

La stessa narrazione che serve a pensare che la violenza riguardi singoli casi e non l’intero impianto sociale delle relazioni tra uomini e donne.

Il femminicidio di Giulia Cecchettin rompe questo schema, mette in discussione i luoghi comuni intorno alla violenza funzionali a poter dire: quell’uomo non sono io, non é mio figlio e ci induce a parlare di mostri lontano da noi.

Ma anche Filippo Turetta era un giovane universitario, benestante, con una famiglia alle spalle come ce ne sono tante.

Insomma, in questi caso non é stato possibile mostrificarlo, renderlo altri da noi, ma abbiamo tutti dovuto riconoscerlo come possibile.

Noi donne lo sapevamo già: violenza degli uomini contro le donne è un problema di prossimità, sono quelli che dicono di amarci a essere violenti con noi.

Poi, forse c’è stato un altro elemento: Giulia non é stata uccisa solo perché aveva lasciato Filippo ma anche perché lo aveva superato negli studi. Lui le aveva chiesto di fermarsi, di aspettarlo, di non laurearsi e lei non si era fermata.

Quel messaggio che la società conosce: “va bene la libertà ma un passo indietro!” E il privilegio, soprattutto, quello economico e lavorativo, permette al patriarcato di rimanere intatto.

Tutti i luoghi di potere sono, per lo più, in mano agli uomini.

Quindi, uno status quo che costruisce la narrazione che lo legittima e che spiega perché, nonostante almeno una donna su tre subisca o abbia subito violenza, continuiamo a pensare che siano solo alcuni uomini mostri o lupi ad agirla.

Ecco perché credo fortemente che vada educata ed ecco perché il femminicidio di Giulia ha permesso, forse, una presa collettiva.

Almeno lo spero. Continuano a lottare insieme, perché, noi donne siamo abbastanza stanche di farlo di sole e sinceramente non abbiamo più molto da interrogarci

Penny ♥️

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