Abbiamo quest’idea che dentro al matrimonio, qualunque esso sia, i figli siano più felici.
Il matrimonio é un grosso contenitore culturale che mantiene intatto il patriarcato, su questo credo che non ci siano molti dubbi, perché é lo specchio del nostro sistema sociale.
Se è la donna a guadagnare meno, ad avere lavori più precari, se è la donna ad occuparsi della cura, é quella, la cui autonomia, salta per prima.
Anche la femminista più femminista, se é sposata, se ci sono dei figli, é costretta a venire a patti con il proprio status di moglie; é qualcosa che prescinde dalla sua volontà, l’ineguaglianza economica, sociale e la relativa rappresentazione femminile, la portano a “cedere” su aspetti più o meno importanti della propria emancipazione.
Per i nostri figli la separazione é una sofferenza, c’è lo siamo già detti molte volte, i bambini tendono a conservare oggetti e luoghi, figuriamoci la famiglia.
Eppure, se c’è una sofferenza, questa, a differenza di ciò che si vuol far credere, non è dovuta alla sottrazione del contenitore familiare dentro cui i nostri figli sono cresciuti, ma alle risorse socioeconomiche in cui si cade dopo la separazione.
Separandosi si rompe l’equilibrio di disuguaglianza su cui si fonda la famiglia tradizionale e di conseguenza salta il tappo relazionale.
Ciò che crea dolore é la conseguente povertà a cui sono soggetti i figli delle donne – le stesse del lavoro sommerso di cura su cui si tiene in piedi l’Italia e la famiglia-.
Quello che fa soffrire i bambini é la fragilità economica che diventa emotiva, non la mancanza dello status precedente, perché spesso, il matrimonio é un luogo di sottomissione legittimata e sostenuta dallo Stato.
Non mi sono mai pentita della separazione, “rompendo” il matrimonio, ho messo in discussione un sistema sociale di sopruso sul femminile.
La mia punizione per questa scelta é stata la precarietà economica e la conseguente esposizione delle mie figlie a tale precarietà.
Quindi, il dolore-laddove spesso c’è una differenza già sommersa- non é una questione legata alla rottura del matrimonio ma di come con quella rottura vengano a galla le falle di disuguaglianza.
Insomma, non si tratta di crisi della famiglia ma di crisi del patriarcato. Il tappo sta saltando, basta spiegarlo ai figli/e che non saranno più infelici se i genitori si separano, ma più consapevoli di come essere liberi e libere dall’oppressione maschile su cui si poggia il nostro sistema sociale.
Vale per le figlie ma ancor di più per i figli, inconsapevoli di un privilegio che ingabbia.
Penny ♥️
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