Ci sono giornate più di altre in cui non so quali siano le risposte giuste, ed è un casino.
Ieri sera, prima di andare a dormire, dopo giorni di liti, la girl si piazza sul ciglio della porta e mi chiede:
“Sei fiera di me?”.
Ho chiuso il libro che stavo leggendo. Potevo rispondere un sì e tranquillizzarla. Ma non l’ho fatto, le ho detto:
“I genitori non devono essere fieri dei loro figli, dovrebbero volergli bene e basta”.
“Sì, ma ti piace quello che faccio?”.
“A volte mi piace quello che fai, altre meno”.
“Ma come faccio a capire se faccio le cose giuste?”.
“A volte si fanno le cose sbagliate. Se ti ascolti lo capisci. Tu non ti spaventare. Fatti domande. Chiedi. Torna indietro”.
Ovviamente quando mi ha dato la buonanotte ho pensato a tutte le cose che avrei potuto dire e non ho detto. Che risponderle: “Sì sono orgogliosa”, sarebbe stato più facile. L’avrebbe messa a posto con al coscienza. Credo stia facendo prove, come bersi una birra, anche di quello abbiamo parlato.
Una cosa è certa: non voglio che pensi a sé come qualcosa di infallibile, sono brava se… sono cattiva se…, altrimenti sarà un disastro, avere a che fare con la perfezione di se stessi non porta a nulla di buono, ci allontana dall’esistenza.
Poi mi sono andata a cercare il significato di fiero. Questa è la sintesi di ciò che ho trovato:
Feroce e crudele, spietato; tiranno; un nemico e selvaggio; audace, intrepido, che incute terrore o timore, duro, severo. Più spesso, altero, di carattere forte e fermo, non disposto a cedere. Orgoglioso. Persona piena d’orgoglio.
Stima eccessiva di sé; esagerato sentimento della propria dignità, dei propri meriti, della propria posizione o condizione sociale, per cui ci si considera superiori agli altri: fiero, smisurato, vano...
Quante parole ci sono concesse nell’arco di una vita?
Nessuna di quelle scritte sopra appartiene a quello che desidero per le mie figlie. Vorrei che sappiano fare i conti con ciò che sono. Con la delusione rispetto a ciò che si auspicano. Le vorrei umili. In realtà, quell’umiltà che permette la vicinanza e l’accettazione del sé, per amare gli altri.
Non so se spreco le parole. Forse alcune. Quelle che dico alle mie figlie devono avere un peso specifico. Contare e parecchio, e non vorrei sprecrle usando termini che non c’entrano con il mio essere genitore. Usare le parole giuste, forse, è già qualcosa. Come un’educazione sentimentale.
Io faccio casini, sono confusa da me stessa, però non voglio essere orgogliosa o fiera o pensare alle cose che faranno nella vita le mie figlie. Voglio essere una buona madre, per quel che mi è permesso. E amarle. Solo questo. Qualsiasi cosa saranno.
E se le parole concesse sono in scadenza, come la vita, io vorrei usare quelle giuste.
Che sappiamo d’amore. Perché è quello alla fine che resiste e si ricorda.
L’amore che c’è. Non la fierezza né l’orgoglio.
Quello che siamo stati insieme.
Penny
Trovo molto bella e saggia la tua risposta. Non dobbiamo essere fieri dei figli anche perché rischieremmo di mettere loro un macigno sulle spalle. Il macigno delle nostre proiezioni. Dobbiamo amarli questo è quanto. Poi siamo fragili esseri umani…sbaglieremo, ma almeno saranno sbagli fatti con amore.
I genitori sbagliano, i figli pure. Il difficile? Amare gli sbagli, quello che siamo, quello che sono. Grazie Penny
Eccomi, Penny.
Mi piace confrontarmi con te su cose come queste ( ? )… io a mio figlio gli avrei detto che non sono io quella che dev’esser “fiera” (parola sfaccettata, ma intendiamola con il senso comune che gli vien dato) di lui, ma lui di sé stesso. Loro, i nostri figli, cercano nell’approvazione dal di fuori, la conferma di ciò che sono e che valgono.
Ho capito che il vero errore (che facciamo tutti) è questo: cercare conferme dall’esterno.
E cercherò fino allo sfinimento di far loro “sentire” dall’interno il valore dei loro sentimenti. Sentire dall’interno quel che è giusto o sbagliato, e secondo quali criteri una scelta venga definita tale.
E a proposito di educazione sentimentale: siamo noi a insegnar loro questo alfabeto affettivo.
Questo è per noi il compito (la responsabilità) più grande. Per fare un esempio: un abbraccio=ti voglio bene. Una sgridata=ti voglio ancora più bene, perché a volte, caro figlio, sgridarti se fai un gestaccio al docente o spiegarti gli effetti del coma etilico o oppormi a ore ore di smartphone costa fatica e pianto per me genitore.
Come anche rifiutare e rigettare una situazione di coppia che non dà più nulla, e farlo per rispetto di sé e delle proprie esigenze affettive, fa parte dell’educazione sentimentale dei figli…
E già che ci sono, cara Penny, Buon Anno, con tutto il ❤️
Cinzia
Mi sono commossa. Sapessi come mi sento uno schifo in alcuni momenti. Incapace. Penso alle ore passate ad oppormi per lo smarphone, a litigare per la stanza, per le parolacce, e tutto il resto. A volte esco di casa, quando sento che il cuore scoppia, e poi torno.
Per la parte più dura, quella coppia che non dà più motivo di crescita, ti sono vicina e lo sai. Sono qui. Hai ragione tu: devono vederlo l’amore per poterlo praticare, un giorno. Cara Cinzia ti abbraccio. Penny
Grazie infinite,
Ti abbraccio anch’io Penny
Volersi un po’ di bene non è difficile. Come essere presenza nell’assenza. Penny
Sinceramente dissento. Io sono fiera dei miei figli, di COME sono ed è importante che loro sentano queste parole da me. Aiuta a confermare la loro autostima e li rende umili perché consapevoli delle proprie potenzialità.
Le parole sono importanti e specialmente quelle chiare, espresse che aiutano a “creare l’uomo”, specialmente quelle di una madre e di un padre, colonne del proprio sè interiore, che ti confermano che ” ci sei” e che è bello che sei tu come sei.
Grazie per le tue riflessioni.
Ilaria
Cara Ilaria, ogni tuo pensiero è condivisibile. Se i figli non sono come li desideriamo, se sbagliano, fanno errori, seguono strade diverse da quelle che abbiamo immaginato per loro, siamo in grado di amarli lo stesso?, perché dietro alle continue giustificazioni, io vedo un bisogno dell’adulto più che un reale atto d’amore. Vorrei che le mie girls si volessero bene per ciò che sono e capissero che non devono rendermi orgogliosa, hanno bisogno di certezze, vero, ma se quella forza riescono (con il nostro aiuto) a trovarla dentro di sé sarebbe una buona cosa, almeno per me. Grazie Penny
La forma e’ sostanza. Le parole sono sostanza.
Sempre d’accordo con te Penny.
Grazie mille. Saperlo è bello. Penny
Parlo da figlia: avrei tanto voluto che mio padre fosse fiero di me almeno una volta, per esserlo io stessa. Ma niente, mi sono massacrata di studio prima e poi di lavoro inseguendo quell’apprezzamento che non è mai arrivato. Era sempre tutto scontato. Io ero sempre poca cosa, perché dovevo essere umile. Un disastro: ciò mi ha fatto soffrire tanto e ammalare gravemente. Profondamente fragile e insicura, alla ricerca costante dell’approvazione altrui. Poi ho capito: l’umiltà non ha nulla a che fare con l’umiliazione delle proprie capacità e della propria specialità (ognuno di noi ha qualcosa di speciale, punti di forza così come punti deboli), sono diventata una donna molto fiera di sé per avere superato periodi davvero molto difficili, quella fierezza l’ho condivisa con chi mi ha aiutata, ho smesso di confondere umiltà e umiliazione, di pensare che gli altri fossero sempre migliori di me. Anzi ho proprio smesso di ragionare in termini di migliore o peggiore, di adeguatezza e inadeguatezza e di farmi giudicare. Gli altri in verità continuano a farlo, ma io ora ho imparato a non curarmene, sorrido del loro evidente bisogno di sentirsi migliori. Io ragiono in termini di ESSERI UMANI, tutti esposti alle tempeste della vita e … se in famiglia ti danno un po’ di sicurezza e di autostima non è poi così male. Perciò rifletterei e magari parlerei con un professionista prima di escludere per sempre un termine dal mio vocabolario con i miei figli. A volte si può essere fieri, come altre volte si sarà un po’ delusi, accettando e insegnando che siamo tutti uguali (e tutti diversi), tutti con i nostri punti forti di cui andare fieri e i nostri punti deboli da accettare o da migliorare se si può. L’amore non fa mai danni e dire qualche volta al proprio figlio che si è fieri di lui secondo me è un gesto d’amore.
Concordo con tutto quello che hai scritto, ovviamente, era una provocazione, perché da insegnante, ti assicuro che, spesso, i genitori misurano i figli in termini di fierezza senza capire che il bene non ha niente a che vedere con i successi dei propri ragazzi ma nel cercare davvero ciò che sono. Penny