Stanotte non ho dormito. Faceva caldo. Giornate complicate queste. Così mi sono alzata e ho finito il romanzo, che è la prosecuzione del matrimonio di mia sorella. Ci ho messo tutta la notte.

Ho scritto come un panzer. La mattina prima di andare al lavoro. In ogni buco possibile.

Sappiate che scrivendo le ultime dieci pagine non fatto altro che piangere. Ho pianto come non mi succedeva da tempo e mi sono data della cretina, perché quelle erano le mie parole. Come farsi del male o forse del bene, chi lo sa.

Di certo questo è un libro più difficile. Perché fare pace con i lati oscuri di noi è un casino.

Stamattina sono andata a lavorare, prima di uscire ho scritto una lettera alle mie figlie, litighiamo ultimamente,  oggi mi prenderò una pausa. Anche da loro.

E non mi chiedo più se sono una brava madre a farlo, allontanarmi un attimo. So che ne ho bisogno e spero lo capiscano. E, forse, che lo capiscono adesso non è poi così importante.

Ho letto che essere ostinati con il proprio desiderio è una buona cosa: rende la vita felice e di conseguenza generosa. Come una gioia trasmessa. Se si rinuncia al desiderio la vita si ammala e appassisce. Io voglio trasmetterlo questo desiderio.

Come la solitudine, il desiderio ha bisogno di esercizio. Anche se ci vogliono far credere in quell’ amore edulcorato tra partner o tra genitori e figli, la mia sarà una forza ostinata e contraria.

Il desiderio esige rottura, conflitto, anche con chi si vuole bene. E pure l’amore, di cui il desiderio fa parte.

Di fatto non possiamo garantire la felicità a nessuno, nemmeno ai nostri figli. A malapena, ci mettiamo una vita a cercare la nostra.

Comunque, ho detto le ragazze che sono raggiungibile, possono scrivermi, ma oggi avevo bisogno di stare da sola. E loro avevano bisogno di stare senza di me. Stasera ci ritroveremo dopo cena, forse avremo delle cose da dirci, forse no.

Provo a non avere attese su di me oggi, imparo a non averle nemmeno su di loro. Ci si ama così, credo. Che non le voglio prigioniere del mio sogno nè io del loro.

Per questo ogni tanto vado. Ho bisogno di centrarmi.  E loro di stare senza di me.

Poi torno sempre. E solitamente sono più felice. Loro anche.

Penny
#ilmatrimoniodimiasorella.

9 comments on “A volte, vado. Ché ne ho tanto bisogno.”

    • Io credo che andare tornare fermarsi ripartire sia la vita. Quando manca una di queste cose, siamo fermi, anche se crediamo di procedere. Un abbraccio Angela. ?

  1. sii sii quando esce, quando esce, quando?
    lo sai che ci hai fatto un bel regalo, vero?
    e forse quelle lacrime erano anche un bel regalo per te! e non importa se ti senti strana, matta, incasinata, sei viva! Quando scrivi, quando piangi, quando scappi e ce lo racconti ! E ora anche il tuo libro lo è! Le girls avranno scosso la testa leggendo ma stasera apriranno le braccia!
    Sorridi Cinzia!

  2. …e vai a vedere il mare, a mangiare un gelato, a passeggiare. Andrà un pochino meglio quando torni!
    con tanta gente che ai bordi ha accompagnato la tua fuga in silenzio o provando a risollevarti se ne avevi bisogno

  3. In direzione ostinata e contraria……mi hai ricordato De Andrè…….. Credo che ci voglia tanto coraggio, da genitore, per distaccarsi dai figli, anche se dare loro spazio è la cosa migliore che possiamo fare. Chapeau.

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