Ieri stavamo facendo il laboratorio di scrittura autobiografica, quindi, ogni bambino lavorava sul suo quaderno in autonomia. Il tema era libero.

I bambini scrivono e poi, siccome, alla fine, se lo desiderano leggono il loro scritto davanti a tutti, solitamente ti chiedono se li aiuti a correggere.

Questo è lo scopo del laboratorio.

Lavorare sulla scrittura come comunicazione per sé e per gli altri e quindi sentire il desiderio-bisogno di autocorreggersi.

Mentre ero seduta vicino a una bambina e avevamo appena finito di guardare il suo lavoro lei mi dice: “Io ti voglio tanto bene” e prende ad abbracciarmi e a darmi qualche bacino.

“Anch’io, le ho risposto, “ti voglio tanto bene”.

E ho pensato a quanta gratitudine ho per questo lavoro, a quanto si pensi, nella vita, in genere, ma, soprattutto, rispetto all’istruzione, che la distanza sia sinonimo di severità, la severità, di capacità d’insegnamento.

Ieri mentre eravamo vicine lei guardava gli errori, le parole che aveva sbagliato e che avrebbe dovuto correggere.

Forse, voleva essere brava per me, attraverso di me imparerà ad esserlo per se stessa.

Ieri una mamma, in un periodo della sua vita non semplicissimo, mi ha telefonato e mi ha detto:” Sai volevo dirti che sono molto stanca e, a volte, non riesco a tenere botta”.

Come non capirla, non comprenderla. A volte, semplicemente non ce la facciamo. Ero contenta che me lo abbia detto.

Potrei guardare i miei genitori per i ritardi, per i quaderni non fasciati, le cose dimenticate.
Non lo faccio. Preferisco andare oltre. Dentro alla relazione.

Magari è più complicato. Magari qualche guru professionista mi dirà: ” Bisogna tenere distanza per avere rispetto”.

Beh, per me non è così.
Il rispetto me lo voglio conquistare.

Voglio che le famiglie e i bambini capiscano che questo percorso è nostro e se vogliamo farne qualcosa bisogna solo procedere insieme. Anche nel momento in cui non ci si capisce.

Non si può insegnare dentro a un rapporto di paura o di timore, l’unico modo per cui i bambini possano apprendere è la relazione in cui stanno con l’adulto.

È la fiducia e la bellezza che vedono in te a muoverli. Il bene che vedono in te fa da specchio agli apprendimenti.

I miei sono piccoli, sono alle elementari, ma, mi stupisce come certi genitori e certi insegnanti, alle medie e poi arrivati ai licei pensino che la relazione non valga più.

Ed è una stronzata, lasciatemelo dire.
I professori che ho amato sono quelli che mi hanno dato qualcosa anche a livello umano. Sono rimasti attraverso la relazione e le parole, e così la materia che mi hanno insegnato.

Il resto è solo fumo di cui ci riempiamo la bocca perché la vicinanza ci mette in gioco, ci permette di fare entrare l’altro e di essere esposti. E fa paura.

Eppure, vi assicuro, mentre ero lì seduta vicino a quella bambina e lei mi diceva: “Ti voglio tanto tanto bene” e controllavamo l’ortografia, lei era presente al compito, motivata e desiderosa di fare al meglio il suo lavoro.

La vicinanza è terreno fertile. Sempre. È luogo d’apprendimento.

Non credete a chi vi dice il contrario. Cercate il contatto, la relazione, in ogni cosa importante che state facendo, perché se aiuta i bambini nel loro percorso, a maggior ragione, aiuta noi.

Non cercare una scuola in cui la severità aleggia nelle aule come garanzia di riuscita. La paura fa apprendere lì per lì alcuni concetti, ma disertifica. E rimane. Nei ricordi e nel nostro modo di essere come persone.

Cercate ciò che avvicina alla passione. Alla voglia di apprendere. Di ricercare. All’umano.

I bambini apprendono dentro alla relazione, non fuori. Apprendono e hanno piacere di farlo quando dietro alla materia c’è qualcuno che li spinge, li protegge, li fortifica e gli dice: ” Io ti voglio bene”.

Credo in te.

E lui, come per magia, ce la farà.

Penny

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