Ci sono giorni in cui la rabbia si fa sentire all’altezza dello stomaco e sale, ma, adesso, so come affrontarla.

Mi ha sempre disturbato quello che gli altri pensavano di me, la separazione, l’esposizione attraverso il blog e il passare del tempo, mi hanno aiutato ad accettare di non piacere.

So che i pensieri verso di me non sempre sono magnanimi, alcuni sono espliciti, altri meno, ma non mi importa più. E questo è un grande sollievo.

La rabbia, per molto tempo mi ha consumato e, per molto tempo, quando qualcuno mi criticava cercavo di spiegarmi o di dimostrare che io non ero quella cosa lì.

Mi frantumavo.

Quando sono arrabbiata cerco di farla scivolare via e, soprattutto, ho capito che l’unico modo per togliergli potere è quello di ignorarla.

Ignoro chi fa accuse gratuite, ignoro chi è logorato e cerca il colpevole ad ogni costo, non tenendo conto che qualsiasi relazione amicale, d’amore o lavorativa, è fatta da due o più persone e se le cose non funzionano le responsabilità non si possono scaricare solo sull’altro, è infantile, non fa crescere e non serve.

Ho imparato a scegliere e pulire la mia vita dalle relazioni inquinanti, quelle che ti dicono come devi comportarti, aggressive, manifeste o meno, quelle che ti fanno sentire in colpa se non sei o non fai ciò che si aspettano da te.

Ho capito che mi avvelenavano la vita e quando ne incontro una o mi accorgo che quella relazione mi fa stare male semplicemente mi volto dall’altra parte. Cerco di non cogliere le provocazioni e di lasciare il provocatore al suo destino.

Ricordo, quando mi sono separata, le critiche implacabili che mi arrivavano da più fronti, amicali e meno, ricordo la sofferenza e la paura di non uscirne viva.

Quel periodo, che è stato uno dei più difficili della mia vita, è stato anche una grande palestra. Non solo sono sopravvissuta, e già mi è sembrato una specie di miracolo (perché pensavo davvero di morire tanto era il senso di colpa) ma, soprattutto, ho imparato a capire quali erano le persone che non volevo più al mio fianco.

L’ho detto più volte, la separazione non è stata solo una separazione dal mio ex marito, ma da tutti i legami verso cui dipendevo come persona e dal loro giudizio.

Sento cose terribili, parole piene di rabbia, persone ancorate con le unghie e con i denti al bisogno di un nemico, e penso che, in fondo, sia più facile rimanere fermi dentro al proprio rancore che provare a fare qualcosa della propria esistenza. Forse è una questione di scelte.

Per quanto mi riguarda tanto tempo fa ho scelto di stare bene. Non ci riesco sempre e, a volte, devo fare degli esercizi di convincimento a quella me stessa che ha l’abitudine al soccombere, ma, per lo più, cerco di non perdere tempo in relazioni sterili.

Magari mi chiedo dove ho sbagliato e cosa potevo fare meglio, per il resto abbandono il campo di battaglia.

Un’altra cosa che ho imparato (e l’ho anche già scritta) è che la vita non è una lotta ma una bellissima traversata, spesso, in solitaria, se siamo fortunati, con chi ci vuole bene. E ha una scadenza.

Così, se volete un suggerimento ( anche se non sono la persona più adatta a dare consigli) lasciate andare, mollate la presa, ignorate e allontanatevi da chi non vi fa stare bene.

Non si può piacere a tutti, non si può, e nella vita, a volte, non ci si comprende; i motivi possono essere molti. Ma le persone rancorose fanno male all’anima e avvelenano l’esistenza.

Usate il vostro tempo bene e ignorate chi vi fa stare male e rimesta nel torbido.

Per il resto, lo sapete, cercate di essere felici.

Come si fa, non lo so con precisione, di una cosa sono certa, la felicità si riconosce subito: non usa parole e azioni che fanno male al cuore e distruggono l’anima.

Penny

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