“Sappiamo essere la fidanzata di un grande Valentino Rossi, ma è stata scelta da me perchè vedevo, intanto la bellezza, ma anche la capacità di stare vicino ad un grande uomo, stando un passo indietro malgrado la sua giovane età. Lei è una modella molto promettente destinata ad avere un grandissimo successo e mi piaceva essere il primo a portarla su un palco prestigioso come quello di Sanremo, poi è simpaticissima…”

È così che Amadeus descrive Francesca Sofia Novello, una delle donne che affiancherà il presentatore a Sanremo, o meglio saprà stare un passo indietro.

Non so se queste donne conoscano l’indignazione e mi riferisco non solo a quella Francesca ma alle altre, soprammobili presenti a quella conferenza stampa.

Lui l’ha scelta per due motivi: il primo perché è bella, il secondo perché sa stare un passo indietro rispetto al grande uomo che ha vicino.

Lui la porta su quel palco, avete capito bene, la porta, lei oggetto inanimato, utile solo a far luce.

Lei e le altre, zitte.

Quando parlo della necessità di rivolgerci alle nuove generazioni, qualche donna obietta che siamo libere, che non è più come un tempo in cui c’era la sottomissione totale.

Certo, oggi, grazie alle lunghe battaglie del femminismo abbiamo avuto riconosciuti dei diritti: il voto, l’eliminazione del matrimonio riparatore, il divorzio, l’aborto…ma in realtà esiste una sottocultura sessista e misogina che ogni giorno attraverso immagini e parole ci ricorda a cosa serviamo.

Da alcuni uomini me lo aspetto, hanno dei privilegi e questo li ha portati ad avere un’alta concezione di se stessi ma, a volte, quello che mi sconcerta sono le reazioni delle donne, così dentro al sistema, così in gabbia, da non rendersi conto delle catene che le circonda.

Salire su un palco, essere portata su un palco da un uomo che usa frasi di quel tipo dovrebbe provocare indignazione non solo in questa Francesca Sofia Novello ma in tutte le altre che saranno con lei. E in noi, ovviamente, che da quelle donne veniamo rappresentate.

Quindi, non ditemi che siamo libere. Non lo siamo, non ancora, se continuiamo a venire usate come plafoniere. Se la nostra funzione è
legata solo alla nostra bellezza e a quanto siamo in grado di illuminare l’uomo.

Provo rabbia, tanta, ma grazie a Dio la rabbia smuove e permette l’indignazione, ora, domani e fino a quando non verrà raccontata una storia diversa.

Fino a quando nessuno ci tratterà più come fossimo un oggetto e magari si inizierà a parlare di noi usando lemmi come capacità e intelligenza.

No, non ditemi che siamo libere.

Esserne consapevoli è la nostra unica salvezza. Insieme all’indignazione che fa rumore.

E qui di rumore abbiamo bisogno di farne parecchio.

E noi non siamo quelle donne. E non sono solo canzonette.

Penny

2 comments on “Sanremo 2020. Non sono solo canzonette. E non ditemi che siamo libere.”

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