La scuola non ha risorse, verissimo.

Prima della elezioni tutti i partiti promettono di inserire l’istruzione nelle priorità, invece, occupate le poltrone, la formazione dei nostri figli viene dimenticata e questo, insieme ad una retribuzione inadeguata dei docenti, non ha di certo aiutato la scuola.

Non l’ha aiutata a sconfiggere la dispersione, a limitare le disparità sociali, ha aumentato la frustrazione sia degli insegnanti che non riescono a dedicare il tempo giusto ad ogni alunno, visto il numero alto e la complessità delle classi, le famiglie che dovrebbero essere supportate e gli alunni che spesso non si sentono coinvolti.

Sono diminuiti gli insegnanti di sostegno, risorse preziose in una classe, le compresenze e le risorse.

Però i nostri bambini/e, ragazzi/e non ne possono nulla e soprattutto come docenti non dobbiamo smettere di combattere perché la scuola sia una priorità, anche se sembra di lottare contro i mulini a vento.

Una scuola in cui i nostri alunni per potersi riporre al centro devono sapere di essere “qualcuno per qualcuno”.

Sapere di “contare” e non essere un numero, per il proprio insegnante vuol dire scongelare il disinteresse e animare il desiderio verso la conoscenza.

Spesso manca il minimo indispensabile e se noi insegnanti non facessimo del gran volontariato e le famiglie non supportassero le attività didattiche e si occupassero del materiale (uscite d’istruzione, donazioni, carta da fotocopie, carta igienica…) probabilmente la scuola andrebbe a bagno.

È anche vero che ci sono insegnanti e insegnanti, famiglie e famiglie, ma la scuola dovrebbe essere il luogo in cui i ragazzi restano e in cui si appassionano.

Diciamoci la verità, è molto difficile che un insegnante sospenda nel tempo la percezione immediata che ha di un allievo/a e abbia quella capacità meravigliosa di lasciar esistere le possibilità, ovvero di lasciarsi sorprendere.

Quindi, spesso, i bravi rimangono bravi e gli incapaci incapaci.

Anche per questo trovo che i voti siano solo un casellario molto comodo in cui inserire i bambini/e e i ragazzi/e (è intelligente, è pigro, brillante, è svogliato…). Lo sforzo dovrebbe essere, invece, quello di sconfiggere gli stereotipi.

Intanto lui/lei è così. Quante volte lo abbiamo pensato?

Il tempo speso per la correzione e la spiegazione di ciò che i nostri alunni sanno o non sanno fare richiede molto più tempo di un numero su un registro.

Lo sguardo che incoraggia è uno sguardo che interroga l’altro non per ciò che sembra ma per quello che potrà diventare ed è questo che stimola nei nostri bambini/e e nei nostri ragazzi/e il desiderio di apprendere.

Bisogna restituirgli la possibilità di sentirsi capaci e riscrivere la propria storia.

Ciò che inibisce il desiderio di apprendere, la volontà di andare avanti, l’impegno, ha un nome ben preciso e si chiama indifferenza dell’adulto.

Non mi occupo di te, ma solo di ciò che sai e non sai, come se i ragazzi/e, bambini/e fossero dei meri contenitori.

Quando il più delle volte hanno bisogno solo di essere visti, e come ho scritto all’inizio, essere “qualcuno per qualcuno”.

O meglio essere “qualcuno” per noi.

Penny

In risposta all’articolo:

Cari insegnanti, cercate le eccellenze dove non si vedono.

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