Se c’è una cosa che non sopporto è quando le persone ti dicono che genitore di essere.
Ti dicono quale deve essere il tuo metro di sofferenza e soddisfazione.
Quello che non sopporto è quando la sofferenza non ti viene concessa, suvvia sono problemi di poco conto.
Appena si esprime un disagio, appena si racconta l’altra faccia dell’ umano o in modo particolare della maternità, c’è sempre qualcuno, spesso una donna, che ti riporta al tema della positività.
E allora rischi di sentirsi uno schifo.
Dove sbaglio ti chiedi? Perché la colpa è sempre nostra.
Ci sono maternità e maternità, figli e figli, aiuti economici, aiuti famigliari, situazioni più o meno difficili. E poi c’è lo stato d’animo.
Quello che senti e per quanto mi riguarda ha la sua piena dignità.
No, non voglio essere sempre positiva, a volte non voglio.
Il che non vuol dire non procedere o non andare avanti, in un mondo in cui, spesso, bisogna essere a mille, vuol dire solo riconoscere il proprio sentire.
E, a volte, quel sentire è tristezza, disagio, paura.
Per troppo, tanto tempo, tutte le volte che non stavo bene, lo negavo a me stessa e quel ma essere è sedimentato ed è diventato una montagna. C’è voluta pazienza e perseveranza per scardinarlo.
Non essere a positiva, a volte, vuol dire dare dignità ai problemi, vuol dire concedersi di affrontarli con più o meno coraggio.
Noi siamo il nostro dolore, la nostra felicità è la nostra cura.
Non si infonde coraggio raccontando che va tutto bene, anche a se stessi.
Credo, invece, che si possa infondere coraggio raccontando la verità e dentro alla verità c’è anche il malessere, la tristezza, il dolore.
Si infonde coraggio quando quel dolore quella tristezza e quel malessere diventano visibile e quindi affrontabile.
Finché sono melma, finché rimangono nascosti sotto ai tappeti, finché ce li neghiamo continueranno ad esistere, semplicemente non lo raccontiamo.
E non lo raccontiamo perché, a volte ci viene chiesto di mostrare e non di essere.
E siccome ho speso una vita a preoccuparmi di ciò che pensavano gli altri, il resto vorrei occuparmi e preoccuparmi di me e di quelli a cui voglio bene.
E questo comporta necessariamente dare spazio alle parti buie, instaurare un dialogo sincero con il dolore.
Penny
Mia madre mi ha cresciuta nella convinzione che i miei problemi fossero sciocchezze, sempre… e ne pago ancora lo scotto. Faccio fatica a scrollarmi di dosso i suoi condizionamenti nonostante abbia abbondantemente passato il mezzo secolo e sia vicino ai 60 e lei non ci sia più da un paio d’anni… ma pian piano ce la sto facendo. Ai miei ritmi e volendoni bene.
Era proprio questo il senso, non sottovalutare ❤️