Vorrei poter dire che sono preoccupata. Che, a volte, sto male. Che la notte mi faccio dei sogni terribili. Che mi addormento tardi.

Vorrei poter dire che ho paura, per i miei figli, i miei bambini, per me, per quelli a cui voglio bene.

Vorrei poter dice che ci sono giorni più bui di altri anche se c’è il sole.

Vorrei poter dire che ho paura per noi donne, ho paura che perderemo quel poco di terreno che abbiamo guadagnato nella parità di genere, ho paura per il futuro delle mie figlie e delle figlie del nostro pianeta.

Non ho paura per gli apprendimenti dei bambini o per le mie figlie, che sono adolescenti, loro hanno risorse da vendere, ho paura di non ascoltare, però, quel malessere, sminuirlo, fare finta che non esista.

Se non esiste il loro, quello dei nostri figli, dei nostri bambini o adolescenti, può non esistere il nostro e rischiamo di coprirlo invece che affrontarlo. Arriverà un giorno in cui ci sovrasterà.

Ho paura delle povertà, non della mia, ma dei poveri che saranno ancora più poveri. Ci penso.

Ho paura dei giorni in cui non ho voglia di uscire. Sarò ancora capace ad attraversare la mia città?

Ho paura di perdere questo silenzio quando cammino, un silenzio che mi spaventa e mi colma al contempo. Ritornerà tutto come prima?

Un bisogno, forse, di conservazione.

Ho paura perché, ovunque mi giri, c’è qualcuno che cucina, fa ginnastica, sorride e io non ne ho voglia. Si fa ciò che si può.

Difficile essere sospesi.

Vedo il mio viso sullo schermo e non posso muovermi, vedo le rughe e la mia finitudine. A volte penso di combattere il tempo che passa, altre, quando sono più ragionevole mi dico: lascia andare.

Ho solo paura, in alcuni momenti, e tanta. E vorrei concedermela, vorrei concederla alle mie figlie e ai bambini con cui lavoro.

Agli adulti che ho intorno chiedo: come stai? Bene, mi rispondono.

Sono sinceri o mentono come me. Oppure, alla fine, è quello che vogliamo sentirci dire?

Vorrei che potesse esistere ora la paura, in modo che non mi sovrasti dopo.

Vorrei dire “non sto bene” e sentirmi normale. Sapere che il dolore e la tristezza siano concessi.

Vorrei permettermi di sentire.

Vorrei un mondo in cui prendersi cura dell’altro fosse un pensiero possibile. Un’azione possibile.

Vorrei. Ecco. Per questo ho paura.

Chissà se ne saremo capaci.

Penny

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