Non aspetto più che arrivi l’ora giusta, il momento giusto, il giorno giusto, l’uomo giusto, la vita giusta.

Non aspetto che qualcuno mi dica come e cosa sia meglio fare.

Non cerco di convincere, in particolare nessun uomo, ma anche le amiche, la famiglia. Non mi importa di avere ragione o di averli dalla mia parte, mi basta riconoscere il giusto valore al mio sentire.

Non faccio più nessuno sforzo per sembrare ciò che non sono, ho deciso che non perderò altro tempo.

L’altra sera sono andata a prendermi un aperitivo con la mia grande. Era una bella serata, la città era ancora silente, il panorama alla nostra destra. Un tavolino da due.

Lei parlava e io pensavo a quante volte mi sono chiesta se sarebbe stata felice, come se la separazione fosse una condanna.

Raccontava dell’esame, del futuro e della vita, a un certo punto mi ha detto: “Sai mamma, quando sono felice ora cerco di farci caso”.

Ovviamente mi sono commossa ma non volevo fare la frignona, perché si sarebbe fermata, sono stata zitta e lei ha continuato: “Quando sto bene, quando ho quella sensazione nello stomaco, ora me lo riconosco, mi dico: in questo momento sono felice”.

Tiene in saccoccia i momenti felici, ne fa provviste per l’inverno. Un pensiero semplice ma quante volte nella nostra giornata noi riusciamo a farlo? Accorgerci di quando stiamo bene?

Spesso guardiamo quello che non c’è.

Mi sono sentita così tanto inadeguata che, come madre, ho cercato di fare in modo che non si sentisse “monca” quando al suo fianco non c’era nessuno, non le dicevo: troverai l’uomo della tua vita, le dicevo: guarda ciò che hai, le ho raccontato le serate con le amiche, la libertà, le chiacchiere, ho lottato affinché lavorasse sulla mancanza di un padre: guarda quello che hai e accetta ciò che manca.

Una cosa così semplice da essere difficilissima da insegnare e da vivere. Così semplice che ce la dimentichiamo nelle pieghe dei giorni e andiamo avanti a guardare solo le mancanze o le storture o a sentirci sempre un passo indietro.

A volte la felicità è qualcosa di così aleatoria da essere irraggiungibile, invece sono solo momenti a cui fare caso.

Certo, questo è un lavoro difficile, perché la società, soprattutto nei confronti delle donne, ma non solo, ci ricorda bene come e cosa dobbiamo essere, ci fa correre e ci insegna a far correre i nostri figli caso mai si perdessero qualcosa. È un lavoro non farsi sopraffare dai luoghi comuni, dalle richieste prestazionali, è un lavoro di grande resistenza.

Mentre lei sorseggiava la sua birra, io il mio vino, ai piedi la città, i tetti argentati e la collina, ho pensato solo una cosa, la stessa che ha pensato lei, lo so perché me lo ha detto: in quel momento eravamo felici e ci abbiamo fatto caso.

Se siete felici fateci caso, fate provviste per l’inverno.

Vi abbraccio.

Penny

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