“Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro. Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe avere in mano sono la penna e la matita”.
Iqbal Masih
Ogni ciclo scolastico, in quarta, leggo La storia di Iqbal. Iqbal è stato un bambino operaio e attivista, diventando un simbolo nella lotta contro il lavoro minorile.
Iqbal è nato in Pakistan, come Zohra, in una famiglia poverissima.
A quattro anni lavorava già in una fornace e a cinque fu venduto dal padre ad un venditore di tappeti per pagare un debito di 12 dollari. Iqbal ha lavorato con altri bambini incatenati ad un telaio per 10-12 ore al giorno, è scappato e si è impegnato per difendere i bambini come lui.
È stato ucciso il 16 aprile del 1995, aveva 12 anni, in circostanze ancora non chiare.
La mia città gli ha dedicato una piazza, vicino al porto, vicino al mare.
Bisogno raccontarle ai nostri figli queste storie e non solo perché sappiano di essere più fortunati ma perché sappiano nella vita fare le scelte giuste in un’ottica di uguaglianza e solidarietà.
Zohra era una bambina di otto anni, anche la sua famiglia era poverissima. Era partita quattro mesi fa dal suo villaggio per lavorare in una famiglia benestante come domestica, una domestica di otto anni, non si riesce nemmeno ad immaginarla, mani piccole, infanzia rubata.
Si sarebbe occupata anche del loro bambino di un anno. Ai genitori era stata promesso, in cambio del suo lavoro, un’istruzione.
L’istruzione è come l’oro, permette la libertà.
La piccola, che ha l’età dei miei alunni, non è mai andata a scuola, da subito è stata esposte a continue violenze, probabilmente anche sessuali.
Poi è successo, è stata brutalmente uccisa ma la sua storia non era già scritta?
Zohra è morta per aver fatto scappare due pappagalli, potrebbe averli liberati o potrebbero essere fuggiti mentre puliva la gabbia, poco importa e comunque non lo sapremo mai. Quello che conosciamo, invece, è la reazione dei suoi padroni.
L’hanno picchiata, torturata, fino ad ucciderla. Nonostante le urla e le sue richieste di perdono mentre le portavano via l’esistenza.
Zohra non era più una bambina ma era diventata una schiava. Aveva perso la dignità e la libertà nel momento esatto in cui era stata ceduta o forse prima, nel momento in cui era nata povera.
È di questo di cui dovremmo preoccuparci tutti, eliminare le disuguaglianze economiche; un padre e una madre, in qualsiasi luogo del mondo, non dovrebbero mai essere costretti a far lavorare il proprio figlio o la propria figlia. Ed ogni bambino su questa Terra avrebbe il diritto di essere accudito, istruito, avrebbe il diritto di poter essere un bambino.
Fa male questa morte perché ci racconta che esiste ancora un sistema di “protezione” nei confronti di chi sfrutta i minori, qualcuno sarà entrato in quella casa? Un sistema in cui, da una parte ci sono dei padroni, gli adulti, coloro che dovrebbero tutelare e dall’altra, i bambini che sono privati della loro vita, resi schiavi.
Cercando la notizia e leggendo i vari articoli mi sono accorta di una cosa, nessun giornalista ha usato parole come schiava e schiavisti. Non credo di averle trovate nemmeno una volta, si parla di “datori di lavoro” riferiti ai carnefici, quasi mai di padroni, quello erano, mai di schiavitù.
Non stiamo parlando di questo? Forse è troppa la paura e l’angoscia di dare il nome giusto alle cose? forse dovremmo farci troppe domande e forse sarebbero chiare le nostre colpe?
Quello che succede dall’altra parte del mondo non ci riguarda in qualche modo? Non è anche il risultato delle nostre politiche europee, occidentali? O no?
Quello che mi domando è se sia necessaria la morte di una bambina di otto anni per risvegliare le coscienze, se sia necessario il suo viso pieno di ferite per ricordarci che il lavoro minorile esiste ancora, così come esiste la povertà infantile e la pedofilia.
Quante Zohra ci saranno nel mondo che in questo momento sono schiave come lei? Che subiscono violenza, che rovista nei cassonetti o nella spazzatura, che si prostituiscono, che sono state vendute o cedute, che lavorano in qualche miniera o fabbrica di vestiti?
Hanno mani piccole i bambini, corpi esili. È facile fisicamente e moralmente sottometterli, per questo sono carne da macello.
Dovremmo occuparci della povertà, ecco.
Ma se Zohra non fosse morta, qualcuno avrebbe conosciuto la sua storia?
Ci saremmo accorti di lei?
Io credo di no.
Penny
“Se vivessero tutti in unico Paese, costituirebbero il nono Stato più popoloso del pianeta, più del doppio dell’Italia, più grande anche della Russia. Nel mondo sono 152 milioni i bambini e ragazzi tra i 5 e i 17 anni (uno su dieci) vittime di sfruttamento lavorativo. Quasi la metà, 73 milioni, sono costretti a svolgere lavori duri e pericolosi, che ne mettono a grave rischio la salute e la sicurezza, con gravi ripercussioni anche dal punto di vista psicologico. Una piaga che riguarda anche l’Italia, dove solo negli ultimi due anni si sono registrati quasi 500 casi di occupazione irregolare di bambini e adolescenti, ma in altre aree del mondo la situazione è molto più grave. Basti pensare ad alcuni casi eclatanti, come quello dello sfruttamento nelle piantagioni di tabacco”.
Da Il Fatto Quotidiano.