Oggi avevo raccontarvi una bella storia perché abbiamo bisogno di sollevarci dalle brutture, invece no, ancora una volta, mi tocca raccontare un atto che io ritengo gravissimo, discriminatorio nei confronti delle nostre ragazze, future donne.

La classe di cui parliamo è quella dei superbravi, ed è qui che inizia la nostra selezione, non per merito, per il nostro genere: a 14 anni.

Nella classe I M del rinomato liceo scientifico “Talete” di Roma, gli studenti saranno ammessi secondo una “percentuale di genere”: 17 maschi e 8 femmine. Non per casualità, ma per scelta dell’istituto. Ed è scritto in una circolare che alcuni genitori hanno già definito “raccapricciante”. Il 22 maggio, l’istituto pubblica una comunicazione diretta alle famiglie degli alunni che hanno scelto il percorso “Matematico”.
Quest’anno — recita la circolare — le modalità di selezione previste (un test d’ingresso, ndr), non sono attuabili a causa della situazione epidemiologica che non consente di effettuare la prova in presenza”. Per 46 futuri alunni — 31 maschi e 15 femmine — è stato istituito un nuovo criterio di ammissione alla classe, con ancora 25 posti disponibili… Tradotto: nella I M, non avendo escogitato un modo migliore per sostituire la meritocrazia, si è optato per la casualità, con apparenti quote rosa.
Il dirigente scolastico del Talete, Alberto Cataneo, non risponde. Ma per lui parla il Direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Rocco Pinneri. «Il tetto del 30% è stato messo per evitare una sottorappresentanza femminile — dice — ma è una scelta infelice: sarebbe stato più ragionevole omettere il dato proporzionale, e i risultati, statisticamente, sarebbero stati gli stessi…
Ma il dado è tratto: non resta altro che la rabbia delle famiglie che hanno visto i loro figli (e soprattutto, figlie) studiare per mesi per passare il test di ammissione alla classe del Talete...”.

Da Repubblica, articolo di Arianna di Cori.

Non c’è fine. La nostra storia è una storia di discriminazione continua e incessante, ora viene persino legittimata in una circolare scolastica di un liceo, guarda caso ad indirizzo scientifico. Una classe per cui era necessario un test d’ingresso, annullato per il Covid. Come risolvere il problema? La risposta è stata semplice: discriminiamo per genere. Privilegiamo i maschi.

 

Quando diventiamo adulte dobbiamo lottare per “conservare un lavoro” e, a parità di incarico, spesso, percepiamo uno stipendio del 30% in meno rispetto agli uomini ( parlo per il settore privato), la disoccupazione femminile è in aumento per via della richiesta di conciliazione, la “cura” è a nostro appannaggio, ad esempio, un uomo occupa per la pulizia della casa un terzo del tempo rispetto ad donna, lo stesso vale per l’aiuto nei compiti, gli accompagnamenti e così via.

Il problema non è se le madri passino del tempo in più con i figli rispetto ai padri, ma se nella determinazione di questo equilibrio ci siano state delle scelte discriminatorie di genere, che abbiano “indotto” la donna in quella direzione o l’abbiano costretta a scegliere tra il lavoro e la famiglia.

In questo caso, la strada è indotta a 14 anni, essere femmine è già una discriminante, altro che arrivare ad avere ruoli di dirigenza, non importa se siamo super brave, non importa…nella classe dei superbravi ci entrano per “censo” i maschi, anche se hanno voti inferiori ai nostri o meno capacità.

Mi sembra di essere un disco rotto, eppure so che non mi posso fermare perché quello del genere è uno dei tanti esempi di discriminazione , non cambierebbe se si parlasse di etnia, orientamento politico o sessuale o posizione sociale.

C’è un articolo 3 della Costituzione, la nostra COSTITUZIONE, che recita: “Tutti i cittadini hanno parità dignità sociale e sono eguali davanti alla Legge, senza distinzione di sesso, di razza e di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Strano che un Preside di una SCUOLA PUBBLICA, non sappia che certi atti di discriminazioni siano punibili per Legge. Non è un atto razzista anche questo?

O mi sbaglio?

Siccome sono una cittadina italiana e pago le tasse, tutte, siccome sono pure un’insegnante, ho delle alunne e due figlie, siccome credo nei diritti di uguaglianza in ogni sua forma e contribuisco anch’io a far funzionare quel Liceo, come molti altri cittadini come me, non posso pensare e accontentarmi che il dado sia tratto, come è scritto nell’articolo di Repubblica e non posso farlo soprattutto come docente.

Caro Ministro, ora tocca a lei, è questa la scuola seria di cui parla? Le circolari si cambiano o si ordina di cambiarle se non rispettano la Costituzione, e le scuse nei confronti di quelle studentesse sono doverose, per non dire d’obbligo.

Ripeto, il dado non può essere tratto. Non su un atto di discriminazione. Non in una scuola pubblica, dello STATO, in cui l’educazione al rispetto delle differenze dovrebbe essere un principio inoppugnabile.

Penny

 

 

 

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