E niente le mie figlie mi riportano al qui e ora. Lo fanno anche i bambini con le loro mille richieste. Quell’urgenza di dirti le cose importanti attraverso la mascherina, tirandoti per la maglia.
“Posso bere? Posso fare pipì? A te ti piace la pizza?”.
“Certo che puoi bere, la pipì tra un po’, non tenerti il pisello mentre parli, la pizza tantissimo”.
“Anche quella con i würstel e le patatine?”.
“Quella un po’ meno”.
“Mamma vieni subito qui, è urgente!” urla la mia sedicenne dalla camera con una voce strozzata, “è importanteee” aggiunge. Io mi precipito e appena entro con tutta calma mi chiede: “Me la porti un po’ d’acqua? Ti prego, ti prego, ti prego!”.
“Sei fuori?” le rispondo e me ne vado.
È capitato pure che mi telefonassero da una camera all’altra!
È capitato che mi chiamassero dall’altro capo della città e mi chiedessero: “Ma’ mi vieni a prendere?”.
“Non posso”.
“Perché?”.
“Sono al lavoro”.
“Tu non puoi mai!” obiettano arrabbiate?.
In questo mese sono andata avanti a buste e avanzi di freezer, loro guardavano il piatto, poi me, poi di nuovo il piatto ma non osavano dire una parola, anche se i loro sguardi erano eloquenti. Adesso non si frenano la lingua e le richieste hanno preso il volo.
Se volessi estraniarmi un po’ dalla vita, anche se volessi, c’è qualcuno che mi ricorda sempre e costantemente (e che costantemente cerco di rimettere al loro posto) che devo esserci, esserci nell’esistenza, dentro ai giorni, in quelle cose banali e semplici che scorrono comunque.
Così, cerco di farlo. Tornare da loro e in qualche modo da me.
Penny