Io sono sempre stata una da programmi. Programmavo persino la sofferenza pensando che avrei sofferto meno se fossi riuscita ad anticiparla.

Non sono masochista, ma il controllo ha fatto parte della mia esistenza. Del corpo, ad esempio. Del mio futuro. Relazioni certe, confini sicuri.

Scrivere la nostra storia in anticipo ci aiuta a controllare l’ansia.

Una bella casa, la metratura giusta, la camera per il primo bambino, poi per il secondo. Le richieste che si confondono con i desideri. E non sai quasi siano le une e gli altri tanto sei abituata a procedere.

Mai, avrei pensato che a trentotto anni mi sarei separata, a quaranta mi sarei messa a scrivere, avrei cambiato casa, mi sarei innamorata di nuovo.

Mi avessero chiesto cosa farai da grande, io avevo le risposte pronte.

Incaselliamo, non perché non amiamo o siamo impulsive, perché abbiamo paura di non essere all’altezza. Di decidere davvero. Di scegliere una strada che non conosciamo. Abbiamo paura di rimanere sole.

Invece, quella solitudine, ad un certo punto, capiamo che è quasi una salvezza. Luogo in cui ritrovarsi e capire chi siamo.

Nonostante ciò continuiamo ad avere paura, anche quando la nostra vita sta cedendo sotto il peso dell’infelicità, impiliamo azioni e andiamo avanti con la percezione di poter fermare il tempo, le emozioni e controllarle. In fondo va bene così.

Un giorno succede che il soffitto crolla e il pavimento su cui stiamo camminando non ci sostiene più.

La verità è che pensiamo di poter creare dei per sempre, pensiamo di poter fermare l’amore, la famiglia, il lavoro.

Scriviamo qualcosa che non si può scrivere e quando siamo dentro al dolore ci accorgiamo che nulla di ciò che era controllabile lo è davvero. Ci prende l’angoscia e abbiamo paura.

Ma, amiche mie, tutto può accadere, accade continuamente qualcosa. Qualcosa che non avevamo programmato, appunto.

Anche adesso mentre scrivo e voi mi leggete sta succedendo qualcosa e magari non è la vita che avevamo immaginato o programmato per noi.

Magari non stiamo più bene dentro ai vestiti dell’anno scorso, non ci calza più l’esistenza che ci siamo scelte e non c’è niente di male.

Tutto cambia di continuo, dovremmo tenerlo a mente come un mantra.

Quella vita che abbiamo programmato dobbiamo avere la forza di lasciarla andare per accogliere quella che ci aspetta.

Solo allora potremmo stare bene. E se fosse lo stesso per i figli. Se lasciassimo andare i programmi che abbiamo su di loro, se li guardassimo senza aspettative?

Loro, probabilmente, mollerebbero la presa imparando ad accogliere la vita che li aspetta.

E sarebbero liberi, più di quanto lo siamo state noi.

Penny

https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/

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