Certi giorni vorrei qualcuno che sapesse prendersi cura dei miei pensieri spaventosi.

Vorrei qualcuno che li raccogliesse per me. Li accettasse e me li concedesse.

Loro arrivano e si depositano fino a tramortirmi. Nessuno si accorge che mi abitano. Nessuno sa.

Nessuno chiede.

D’altronde sono bravissima a fare esercizi di occultamento del dolore. Tramandati da madre in figlia, da donna in donna, dentro alla storia.

Vorrei braccia grandi che sappiano contenermi e contenerli e li caccino prima che mi mangino per intero e restino di me solo scarti.

Vorrei due occhi che guardino per me, solo un pochino, che vigilino sulle mie figlie al posto mio. Qualcuno che si prendesse cura della mia cura.

Vorrei qualcuno che mi dicesse: prenditi il tempo, ci sono io.

Siediti. Riposati. Parti.

Non c’è nulla di male.

Allora, forse mi basterebbe una stanza, una cuccia, un nido, un mese, un giorno, un paio d’ore, un minuto.

Forse non sarebbe necessario andare lontano, forse, basterebbe per imparare ad affrontare il dolore senza spavento. Farlo esistere, prendermi cura di lui prima del resto.

Bisognerebbe essere in due. Che è più di una. Che è più di sola.

Penny

I primi di ottobre è uscito questo mio albo. Un modo diverso di pensare la genitorialitá. Un’eredità per i figli.

https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/

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