Sono due giorni che mi chiedo come possiamo noi madri, noi educatrici, noi maestre, noi donne, salvare le nostre figlie e le figlie delle figlie dall’inganno. Come possiamo aiutarle a scegliere chi essere e che cosa desiderare.

Guardo le mie figlie l’attenzione a quel loro corpo. Sono ingrassata, ho preso peso, la cellulite, le smagliature. Specchio della mia immagine.

Quanto tempo perso a prepararsi? E non ci sarebbe niente di male se quel piacere fosse soddisfazione del sé. Dietro alla perfezione del corpo, tutte noi lo sappiamo, c’è la richiesta ad una risposta sociale che ricorre dall’alba dei tempi.

“La bellezza, come sospettavo, le aveva rovinato la vita. Seduta di fianco a lei, riflettevo su che razza di fatica deve essere accontentarsi di niente di meno che la perfezione solo perché si è in grado di ottenerla. Mi faceva sentire grata per il mio aspetto comune”. Lara Williams

Colpa della sottomissione, del mercato che dobbiamo soddisfare con creme, vestiti, prodotti ma non solo, appunto.

C’è la rincorsa al desiderio di piacere. La voglia di essere accettate. Di cui la bellezza è solo uno parziale verità, il problema è non essere streghe, isteriche, pazze, tagliate fuori, rifiutate.

Non dobbiamo avere fame, chi di noi ha fame è una nullità, dobbiamo tenere e trattenere perché il nostro scopo è soddisfare il bisogno degli uomini. Così stiamo a dieta costante di cibo e desideri.

Controlliamo la fame, fino a farci male e alcune di noi già da bambine diventano merce. Il sistema lo permette, le madri ma anche i padri, chissà perché di loro non si parla mai, nessuna responsabilità educativa.

Ci penso da due giorni, costantemente e la risposta è quella di non controllare la fame, di lasciar andare, di non pesare corpo e anima come se fossero oggetti da mettere in vetrina, di cercare il mio piacere, la mia soddisfazione.

Di divorare.

Ho fame e ho fame di me, di capirmi, comprendermi, desiderarmi. Cosa potrebbe succedere se lo insegnassi alle mie figlie? Se lo specchio in cui si guardassero non fosse quello dell’attesa alla soddisfazione altrui ma all’accesso spudorato al mio piacere?

Ecco, cosa penso da due giorni, a come insegnare alle mie figlie e, a scuola, alle mie bambine a desiderarsi più che farsi oggetto di desiderio.

Vorrei insegnargli a “divorare” la vita, a non avere fame se non di se stesse, a volersi bene, e so che nulla potrà cambiare se io non lavoro costantemente su di me, se noi non lavoriamo sul nostro essere donne in questo mondo.

È arrivato il momento di sovvertire l’ordine imposto che ci vuole rigide, incanalate, dentro a corpi e anime statiche. È arrivato il momento di soddisfare la nostra fame e insegnare alle nostre figlie e alle bambine a fare altrettanto, con desideri annessi.

Desideri di sé, di progetti, di vita. Perché tutto non sia già stato scritto dagli uomini.

Soddisfate la vostra fame.

Penny

Se volete cercarmi questi sono i link del mio romanzo e del mio albo illustrato. In uscita a giugno un libro di letteratura per l’infanzia.

http://old.giunti.it/libri/narrativa/il-matrimonio-di-mia-sorella/

https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/

2 comments on “Quando le bambine non sono più bambine. Insegnare a desiderarsi e non a essere oggetto di desiderio.”

  1. Siamo noi adulti, spesso, prigionieri di stereotipi legati alle performance, le donne indubbiamente più coinvolte in sovrastrutture culturali che non rispettano la natura del loro corpo, dei loro desideri. Torniamo alla venere del Botticelli, a donne “naturalmente” belle ed educhiamo i nostri occhi alla bellezza della specificità, dell’unicità.

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