“La cultura dello stupro è un contesto ambientale...la violenza sessuale sulle donne è normalizzata e giustificata sia dai media che dalla cultura popolare. La cultura dello stupro viene perpetuata attraverso l’uso di un linguaggio misogino, la riduzione del corpo femminile a oggetto…costruendo in questo modo una società che non ha rispetto per i diritti e la sicurezza delle donne. L’impatto della cultura dello stupro tocca tutte le donne. La maggioranza delle donne e delle ragazze limita i propri comportamenti a causa dell’esistenza dello stupro. La maggior parte delle ragazze e delle donne vive nella paura di essere violentata. Per gli uomini, in genere, non è così. È in questo modo che lo stupro agisce come strumento potente per far sì che l’intera popolazione femminile resti in posizione subordinata rispetto all’intera popolazione maschile, sebbene molti uomini non siano degli stupratori e molte donne non diventino mai vittime di una violenza sessuale”.
Rebecca Solnit spiega con precisione cos’è la CULTURA DELLO STUPRO e il fatto che non è solo l’atto di per sé orrido e terribile a incidere sulla vita delle bambine, delle ragazze e delle donne, ma il contesto che avvalla questa cultura.
Lo stupro è potere, lo è nelle zone di guerra, lo è quando decidiamo di cambiare strada perché abbiamo paura, quando non ci vestiamo come ci aggrada per paura di venire giudicate, lo è quando ci facciamo accompagnare la sera, lo è tutte le volte che non viene presa posizione di dissenso, ad esempio, rispetto al video che ha fatto girare Grillo sul presunto stupro attuato dal figlio e da quattro amici.
La Solnit ci spiega ancora che la cultura dello stupro è una sottocultura costituita da atteggiamenti derisori e allusioni sessuali in cui sguazzano alcuni giovani uomini.
I giovani uomini che, in fondo, si stavano solo divertendo. Dei coglioni.
Ogni anno si consumano almeno quattromila stupri, la maggior parte dentro alle mura di casa. Le leggi ci tutelano poco e la cultura dello stupro è la stessa che ci dice: attenzione se denunci nessuno ti crederà, figurati se lo fai dopo otto giorni, io sono potente, urlo, sbraito, faccio paura, la tua parola non vale niente. Forse ti sei pure meritata quella violenza, chissà cosa hai fatto, come eri vestita. Perché sei andata a quella festa? Perché hai bevuto?
La cultura dello stupro non tiene conto della paura di essere uccise, ad esempio, dello shock, delle reazioni possibili delle vittime, la cultura dello stupro attua quella vittimizzazione secondaria che conosciamo bene e dà la colpa.
Ciò che la nutre sono le parole che mancano, quelle in cui tutti gli uomini e le donne del nostro Paese, soprattutto, quelli che hanno posizione di potere dovrebbero gridare, dissociandosi con gran forza.
Invece, qualcuno ne capisce la parte umana- chissà come mai delle presunte vittime la parte umana non venga mai considerata-qualcun altro ha tiepidamente dissentito, una donna, un’esponente del governo, scappa di fronte alla richiesta di prese di posizione.
Sotto il profilo umano si può davvero comprendere la reazione di un padre, come hanno detto molti esponenti politici?
È davvero tutto giustificabile?
Alla domanda di un giornalista: è stato un errore il video?
Silenzio. Più volte silenzio.
Ecco, questa è la cultura dello stupro. Chi non prende le distanze, anche le donne che non si dissociano attuano questa cultura, sono responsabili, colluse, tanto quanto gli uomini.
La cultura dello stupro ci vede tutti coinvolti, ci tiene sottomesse, anche le leggi tiepide sono parte di questa cultura, tarma del nostro Paese e il video di Grillo ne è solo una sua minima espressione.
Ed è spaventoso.
Penny❤️
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