Le fiabe servono ai bambini. Anche quelle spaventose.
Servono per esorcizzare la paura e affrontarla.
Quando a scuola leggo qualche storia in cui dei personaggi muoiono o succede qualcosa di tragico, lì per lì, mostrano tristezza, ma, quando gli domando cosa gli è piaciuto di più, di solito riportano proprio quell’episodio.
I bambini e le bambine hanno bisogno di storie a lieto fine ma anche del bosco, delle case stregate e di adulti cattivi.
E lo so che state strabuzzando gli occhi, ma nella vita reale non sono gli adulti che fanno scoppiare guerre? Che uccidono persone e fanno sparire bambini?
Di certo non lo capiscono di fronte a giochi in cui i personaggi si sparano, in cui più uccidi più vinci. Giochi tutti al maschile in cui la virilità è data dalla forza. Perché, succede, che lo spazio abbandonato della nostra lettura, spesso, è lasciato alla solitudine del telefono o del tablet.
Come possono comprendere la differenza tra il bene e il male, se non attraverso il linguaggio delle fiabe?
La paura delle fiabe è meraviglia, nelle fiabe può succedere di tutto, può sparire anche un bambino ( perché, a volte, non scompaiono ai nostri occhi i figli?, non scompaiono davvero?) ma, quella paura non è mai fine a se stessa. come, invece, accade ad esempio nei videogiochi.
Le fiabe parlano della possibilità di superare quella paura trasformandola in un racconto che, alla fine, deterge e aiuta. In cui, anche i personaggi inetti, deboli, differenti, possono essere riscattati. In cui ogni bambino o bambina può riconoscersi e comprendere meglio la storia accaduta o che deve accadere.
A volte li immaginiamo sordi e ciechi i nostri bambini, come se non si accorgessero delle cose che accadono intorno a loro e nel mondo, invece, più sussurriamo, più aguzzano le orecchie e spalancano gli occhi.
A volte li anestetizziamo mettendogli in mano un telefono, credendo che non ascoltino i nostri discorsi di adulti, invece, si alienano mentre lo fanno.
Leggere le fiabe è necessario.
E magari mentre leggiamo, possiamo fare un bel gioco e cambiare il genere ai protagonisti, offrendo così possibilità nuove di identificazione.
Leggere con loro vuol dire affrontare lo spavento insieme. Con chi devono farlo se non con noi che siamo i loro adulti?
Magari abbracciati, magari con i corpi vicini. Come una grande consolazione.
Penny ❤️
Se volete cercarmi..
https://www.ragazzimondadori.it/libri/ai-figli-ci-sono-cose-da-dire-cinzia-pennati/
http://old.giunti.it/libri/narrativa/il-matrimonio-di-mia-sorella/
H
Proprio ieri mio figlio piccolo ha finito di leggere il libro “i ragazzi della via Pal”, dato dall’insegnante come compito delle vacanze… Quando sono tornata da lavoro l’ho trovato rattristato e malinconico, mi ha detto che non pensava che la storia finisse così male e mi ha chiesto anche se fosse un racconto tratto dalla realtà. Così abbiamo parlato un po’ del libro, di coraggio e lealtà, dell’importanza anche di chi non viene considerato importante ma poi si rivela essenziale, e dei gesti eroici che avvengono nella realtà (proprio in questi giorni è stato ricordato un ragazzo morto in mare per salvare due bambini che stavano annegando), spiegando però che non tutti finiscono in modo tragico, ma ci sono anche tante belle storie a lieto fine. Il finale di questo libro lo ha molto colpito, credo gli abbia proprio aperto gli occhi sulla caducità della vita come nient’altro prima, proprio perché si è immedesimato nei personaggi e nelle vicende, se pur diversi per ambiente e tempi, ma vicini per età e interessi.
Hai ragione sui videogiochi, a volte possono trasformarsi proprio in un anestetico anche per sfuggire al dolore della realtà, dove tutto è possibile e vita e morte non esistono. Ma non solo gli sparatutto, anche un semplice gioco di corse di auto potrebbe far disorientare dalla realtà alcuni ragazzi facendogli credere che l’unica cosa importante è la velocità, e che dopo un incidente o uno scontro tra auto magicamente si continua come se niente fosse successo… Non voglio demonizzare i videogiochi, tutto dipende da come si usano, come per ogni altra cosa. I miei figli li hanno sempre usati, a piccole dosi e alternati ad altre attività, ma soprattutto ho sempre cercato di fargli capire la differenza tra finzione e realtà, tra gioco e vita vera, in modo che non confondano i due mondi, e che sappiano sempre in quale dei due si trovano. Forse sarò eccessiva, ma spero che in questo modo sappiano anche da grandi quale è la strada da seguire e si sbaglino il meno possibile.
Anche io l’ho fatto leggere ai miei alunni, loro hanno pianto quando è morto uno dei protagonisti. Ma la morte accade e fa parte dell’esistenza. Magari la sentono ma sono esonerati dal parteciparvi ( penso a un tempo quando i vecchi morivano in casa) e, hanno bisogno di esorcizzarla. Mentre scrivevo il mio libro per bambini, la scuola è di tutti, facevo fatica ad inserire elementi di tristezza, ma poi ho pensato che ne avessero bisogno per crescere, conoscerli e affrontarli. Grazie Penny