Voi mi dovete spiegare come sia possibile scrivere un titolo così. “Quella ragazza era la sua luce”.

Come se il troppo amore potesse causare la morte, pure della propria figlia.

Perché l’uomo, il padre, il patriarca, può tutto: decidere sulla vita e sulla morte di chi ha vicino.


È un titolo raccapricciante ma è un messaggio chiaro. Ha ucciso perché amava troppo quella figlia che era la sua luce.

Una narrazione tossica dell’amore che non é amore.

Leggendo l’articolo si capisce che a pronunciare questa frase è stato un nipote, perché lo sappiamo quello che succede. Ad uccidere le donne e le loro figlie non è mai solo la mano di un uomo ma il contesto.

Ad uccidere le donne e le loro figlie è la società, sono gli uomini e le donne che non si capacitano e non si accorgono, sono i giornalisti che riportano frasi di questo tipo senza aggiungere altro…quel linguaggio che crea cultura di sottomissione e giustifica l’uomo sempre e comunque.

Ad uccidere le donne e le loro figlie sono le leggi tiepide.

Nell’articolo ci tengono anche a farci sapere che, lui, il femminicida, ha vegliato i corpi per ore, che si è suicidato e coricato vicino alla moglie e se non basta, che era depresso, anche qui, come se la depressione potesse giustificare la violenza.

Così, muoiono Catherine Panic, 41 anni e la figlia Stefania 15 anni. Uccise con un colpo da Totò Staltari, 70 anni, italiano.

Nessuna delle due era la luce di quell’uomo.

Questo non é amore. Si chiama violenza sulle donne. Ed è solo buio.

Penny

 

 

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