Vi apro il cuore.

Ieri la mia piccola ha fatto 18 anni e i compleanni, quelli così importanti, sono l’occasione per riflettere sull’esistenza.

Dormo pochissimo, o meglio crollo e poi mi sveglio alle tre o alle quattro e non riesco a prendere più sonno. Ho tanti pensieri.

Innanzitutto, il passaggio dalla alla prima elementare, anche per un’insegnante, non è facile. Cambiano i corpi, la voce, il modo in cui ti ci devi approcciare.

Ieri una bambina, così di punto in bianco, una bimba mi ha detto: “Ti voglio bene”. “Anch’io” le ho risposto subito.

Quando siamo adulti non ce lo diciamo più, lo diciamo poco, anche ai figli. Le urgenze ci sommergono e perdiamo il contatto con la parte più profonda di noi. Abbiamo paura chissà di cosa, i bambini no, loro sanno accedere alle emozioni, poi li “educhiamo” ad agire più che sentire, ma questa è un’altra storia.

Comunque, mi volto indietro e la mia piccola ha 18 anni. Le richieste che creavano confitto con il padre sono finite. Può decidere da sola e vi assicuro che questo non è solo un grande sollievo per lei ma anche per me.

In questi 13 anni ( ovvero da quando mi sono separata) ho aspettato che succedessero cose. Che la giustizia facesse il suo corso e lo mettesse davanti ai suoi doveri, ho aspettato di scrivere un libro di successo per riscattarmi economicamente, ho aspettato quella o quell’altra cosa.

Nel frattempo davo occhiate in giro agli scrittori che vincevano premi, alle scrittrici che scrivevano un libro dopo l’altro ( come cappero fanno), aspettavo che la tale libreria mi rispondesse, il tale blog pure, tutto in funzione di una tranquillità economica per il futuro delle mie figlie.

Quel futuro è arrivato. Sta arrivando. L’altra sera a tavola ho detto: “Allora, non è che io vi possa mantenere agli studi fino ai 29 anni, mi sono data un tempo, i 24 è un tempo giusto, dopo di che vi arrangiate”.

La grande ha sgranato gli occhi. “Un attimo, parliamone” ha risposto “ io ne ho quasi 22!”.

Io e la piccola ci siamo messe a ridere.

“Vabbè, non mi butterai mai sotto ad un ponte!” ha detto quasi tranquillizzandosi.

Ieri sera è arrivata una rosa rossa alla piccola, un’opera d’arte. Se mettessimo a confronto il mazzo che le ho regalato e il padre, si capirebbe già quanto siamo distanti.

Lo sapevo che sarebbe successo, lui piomberà nei passaggi importanti della loro vita, con un minimo di sbattimento, le commuoverà ( nel bene o nel male) e io non saprò mai bene come gestire questa situazione.

Da una parte vorrei dirle: “Dai, però, è stato un bel gesto”, dall’altra “ Ma che vada a fanculo! Lui e la rosa rossa aristocratica!”.

Cerco di tacere ( facendo un enorme fatica) a volte ci riesco e a volte no. Mi perdono.

Siccome quando arrivata quella rosa eravamo tutti insieme, mia madre, che ha 72 anni e ne ha passate di ogni, ha verbalizzato quello che io non avevo il coraggio di dire… Mia sorella a quel punto l’ha redarguita: “Ma smettila, lui, comunque, è suo padre”, e lei ha pure ragione, quello è, inutile aggiungere il carico da novanta.

Ho continuato a tacere anche se avrei voluto essere nel cuore di mia figlia e sapere quali sentimenti turbolenti aveva in quel momento, avrei voluto rincuorarla e basta.

La cosa che so è che non basta esserci a spot, e che non serve essere padri nelle grandi occasioni, serve esserci con i figli, serve prendersi le porte in faccia, serve condividere le fatiche, anche quella di non farcela in alcuni momenti, serve il tempo, il suo scorrere, serve lo spazio che manca, serve parlarsi di tutto la mattina quando si esce, serve scontrarsi perché la casa è troppo piccola, serve ipotizzare insieme il futuro e quello che ne sarà.

Non crediate che io mi senta migliore di lui, quando mi guardo indietro so che ho fatto molti sbagli, che a volte ho detto delle cose alle mie figlie che non dovevo, che avrei potuto fare altre scelte ma ho fatto queste.

Poi, nei momenti di lucidità, sempre più spesso, penso che potrei avere successo, potrebbero averlo loro, potrai elevare la mia condizione non aspettando la liquidazione della pensione come obiettivo 😅, potrei vincere al Superenalotto, potrai avere un riscatto giuridico, potrei.

Ma, alla fine, tutti quanti arriviamo lì, alla ineluttabilità dell’esistenza e non so come spiegarlo ma questa cosa mi mette in pace, mi rassicura.

E allora non penso al tempo che mi resta, penso che sono arrivata fin qui con le mie figlie, che succederanno altre cose e andremo avanti.

Non penso a quanto vivrò e cosa accadrà, ma come userò la mia esistenza da qui in poi, e ciò che conta, è appunto amare più che odiare e stare insieme in modo buono alle persone a cui voglio bene, fino alla fine.

Ecco, vi ho aperto il mio cuore, fate buon uso dei miei pensieri confusi.

Penny ♥️

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1 comment on “Aspettando il futuro. E lui è già qui.”

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