I ragazzi e le ragazze che muoiono, che decidono di togliersi la vita, quelli che stanno male-ansia da prestazione e sociale- mi costringono ad interrogarmi, perché io sono parte di quegli adulti che formano la loro società.

Mi chiedo quanto e dove abbiamo e stiamo sbagliando.

Per tutto il percorso scolastico noi li pompiamo consapevoli o no, con frasi del tipo: basta studiarese ti impegni ce la farai, volere è potere…

E loro lo fanno, arrivano alla fine del liceo- guai a proporgli i tecnici, quella è roba per chi si accontenta o non ha voglia di studiare– si iscrivono all’università, vanno avanti e forse si rendono conto che non basta lo studio performante a farli stare bene.

Non c’è un momento all’interno dell’esperienza scolastica in cui si insegni prima ai bambini/e poi ai ragazzi/ e, a lavorare sul sentire.

Basta studiare per arrivare dove si vuole. È l’inganno più grande che la scuola performante porti avanti.

I social e il successo legato al denaro fanno il resto e se la famiglia non va in direzione ostinata e contraria aiutandoli ad indagare il “sentire” li mettiamo in un grosso guaio.

Le aspettative diventano il solo reale possibile e il sistema li frantuma.

Cosa possiamo fare? Intanto ribadire che la felicità non è data dall’ottenere tutto ciò che si desidera ma aiutarli a rendersi conto di tutto quello che hanno e sono già.

Aiutarli a vedere l’illusione di alcuni desideri.

E, soprattutto, lavorare sul fatto che essere felice non vuol dire non provare dolore, non provare emozioni fastidiose e spiacevoli ma vederle e accettarle per quello che sono, e non pensare che siano sbagliate o sfuggirle.

Che dire, non è la pila di nozioni che ci insegnano a scuola a fare di noi ciò che siamo. E lo studio non basta, non quello nozionistico e performante.

Noi siamo quella materia umana e friabile di cui non si occupa quasi nessuno nel sistema formativo, a meno che, non troviamo un docente illuminato o un padre e una madre che non siano altrettanto prestazionali.

Insomma, non c’è strada possibile, se non andare contro corrente accettando, noi stessi come adulti, il rischio di rimanere indietro-da cosa poi?- di essere meno- di cosa poi?- di arrivare- dove poi?-secondi, terzi, quarti…

Ma, soprattutto, di non smettere mai di indagare le emozioni, e insegnare ai nostri figli a non averne paura e mentre gli altri studiano i classici e arrivano primi a domandarsi il perché, noi lasciamo che sappiano chi sono nel profondo.

Quello resta.

Penny ♥️

Rispondi