Quante cose portiamo sulle spalle noi donne?
Carichiamo e scarichiamo cassette di silenzi, parole arrabbiate. Di giudizi e rinunce.
Sono cassette di vestiti sporchi, oggetti in disuso. Musi e giornate nere.
Carichiamo quello che serve per il giorno che verrá: biglietti dell’autobus, merenda e fiducia.
Facciamo cambi e contrattiamo con la nostra anima per non star male.
Carichiamo scuse di altri, le nostre. E poi rimuginiamo.
Abbiamo spalle grandi noi donne, per sostenere. Non chiediamo sconti. Anche se li vorremmo.
Cerchiamo di risolvere e di arrivare ovunque. Mediamo con tutti. E pensiamo di riuscirci.
Ci condanniamo se dimentichiamo, per non essere state attente. Precise. Presenti.
Ascoltiamo lezioni. Leggiamo storie. Consoliamo cuori. Mettiamo in padella cibo buono.
Sono grandi le nostre spalle. Fino a quando non si piegano. Allora ci chiediamo: come è stato possibile?
È in quel momento in cui dovremmo scrollarci qualcosa di dosso.
Eppure la mattina dopo siamo di nuovo lí. Al mercato della vita. Pronte per accogliere, per ricominciare.
Ancora, e per sempre.
È questa l’unica cosa per cui ci santificano, per questo noi ci assolviamo. Ma non dovrebbe essere così. Per questo dannato servilismo.
Dovremmo avere compassione per noi stesse, comunque. Anche se non siamo come ci desiderano. Anche se non arriviamo. Anche se.
Lasciare un posto piccolo per portarci sulle spalle.
Non dovremmo piegarci. Non dovrebbero piegarci. Perché, a volte, il nostro spazio diventa sempre più circoscritto e non riusciamo a scorgere l’immensità del cielo.
Dovremmo avere il coraggio dei desideri, metterli in uno zaino e portarli sempre con noi. Chissenefrega se non ci santificano, forse, inizieranno a rispettarci.
È il rispetto è alla base delle relazioni. Dell’amore.
È quell’immagine da salvatrici dell’universo, comoda comoda, che dovremmo cambiare. Partendo da noi.
Dovremmo dirlo che le spalle delle donne non si piegheranno in nome del sacrificio. Non più.
Le spalle delle donne sono larghe, certo. Sostengono, certo. Sono madri, certo. Aiutano, certo.
Ma c’è un limite oltre cui non si può andare. È il luogo della nostra identità.
Troviamo quel limite e difendiamolo.
Perché lo spazio del cielo e del rispetto di sé sia un orizzonte possibile.
Il rispetto di sé. Appunto. Non saremo più buone, più brave, più madri se teniamo tutto.
Solo più sole, più stupide, probabilmente, meno felici.
Penny♥️