Mi verrebbe da dire che non so parlare d’amore.
In questo caso non riesco a farmi un’opinione. A capire da che parte stare. Se c’è una parte in cui stare.
Se è giusto mettere fine alla sofferenza o se quella sofferenza fa parte della vita a cui due genitori chiamano il loro bambino.
Non so se quel padre e quella madre non riescono a lasciarlo andare; se stanno pensando a lui più che a loro stessi. O viceversa.
Non so se bisogna spingere la vita fin dove ci porta, accogliere la malattia anche quando ci fa ciechi alla felicità o aiutare a mettere la parola fine.
Capaci di dirsi addio.
Non riesco a parteggiare per loro né a dire: “Cosa stanno facendo?”.
Credo facciano il possibile per non morire insieme al loro bambino.
Non so cosa farei se dei medici mi dicessero che il mio piccolo sta soffrendo e continuerà a soffrire se non si stacca la spina.
Non so parlar d’amore. Non so se c’è un Dio, un cielo, dei genitori, o una legge che può decidere.
Dove sta il giusto per Charlie. Perché è lui che soffre. É lui a cui la vita ha chiesto il conto da subito.
Non so parlar d’amore per Chiarlie. Non ne sono capace.
Le parole mi sembrano superflue. I giudizi inutili. Le bandiere anche.
So pensare a lui. Ci penso spesso. A lui e agli altri bambini i cui genitori rimangono invisibili.
All’importanza della vita. Ad amare più che posso. Come posso.
Non basta per Charlie. Non basterà neppure l’amore più grande, quello di sua madre e di suo padre.
La vita ha deciso per lui di essere impassibile. Da subito.
Dovremmo imparare a parlare d’amore. Prima o poi in questa società. Anche per Charlie. E per quelli come lui a cui l’esistenza ha chiesto tutto.
Vorrei uno scaccia pensieri. Che allontanasse le parole. Quelle che fanno male.
I sogni sono finiti. Resta una vita. La sua.
Farei silenzio. Visto che non so parlar d’amore per Charlie. Un silenzio che sia lieve e non giudichi. Qualunque sia la scelta.
Vorrei dei sogni nuovi per Charlie. Che raccontino una storia diversa da questa.
Penny
Che bello Penny, è per queste parole che ti sento vicina vicina. E’ perchè anche a me è capitato che prima, io sapessi cosa si fa e cosa no, e stavo tranquilla. Ma non ero in pace, c’era troppo amore, per gli altri tanto, per me poco da me.. Ora, che è passata la tempesta e sono rinata, tutti i giudizi sono sospesi..e la domanda è “come stai?”, come sta? Non: di chi è la colpa? sarà giusto? va bene per questa società?? E quando non c’è modo di far stare meglio un piccolino così…a cosa ti aggrappi? Speri solo che l’amore che abbiamo, circoli il più possibile per chi soffre, per non lasciare soli, e mai giudicando… Un abbraccio, sei bravaaa!
Se riuscissimo a chiederci: come stai? E a non darci la colpa…credo sarebbe bello. Almeno per noi due che ci assomigliamo. Tua Penny
Un articolo così toccante che non trovo le parole per scrivere un piccolo commento. Mi vengono sempre solo il nodo in gola e gli occhioni lucidi.
Non sapevo che dire. Mi sono chiesta cosa avrei fatto io. Il problema é che non ho una risposta…Penny