Caro prof,
vorrei dirle che ha ragione. I ragazzi oggi non sanno cosa vogliono. Non sanno chi sono e non conoscono la fatica.
Sono presuntuosi, a volte, e si spaventano. Magari perdono i capelli, non mangiano, si tagliano un po’, fumano, e si vestono alla moda per sentirsi come gli altri, o si fanno i capelli blu per riconoscersi tra gli altri. Alcuni si asciugano fino a scomparire.
Caro prof,
ha ragione, ma sa, a volte, ho paura. Una paura folle di non essere capace quando mia figlia si frantuma di fronte a un brutto voto, quando non crede in sé e cerca scorciatoie, oppure si ferma e dice che il mondo non lo capisce.

Lei è così certo, che saprebbe cosa fare? Perché a me non serve sentire che non sono capace, che dovrei essere più autorevole, vorrei una mano in pasta. Un “noi”. Una presa di responsabilità. Troppo facile scaricarsi le colpe.
Caro prof,
venire ai colloqui, certe volte, è una grande umiliazione. Aspetto la condanna. Perché c’è sempre. Almeno che la mia ragazza non sia una dei “bravi bravissimi”, ma quelli, come dite voi, si contano sulla punta delle dita. E so che non ho coltelli dalla parte del manico. So che posso solo affidarmi e fidarmi a lei. Che è una speranza.
Volevo dirle, caro prof, che non difendo mio figlio e me stessa, forse, a volte sì, e sbaglio, ma, cerco di difendere il suo diritto a essere compreso. Perché sa prof, un ragazzo non è solo le pagine che studia ma è la storia che porta e, a volte, rimane nascosta sotto la sedia, come fosse un granello di polvere. E, a volte, alcune frasi, buttate lì, come giudizi definitivi, non si possono sentire.
Caro prof,
la vita di un genitore è un gran casino. Il lavoro. La precarietà. Certo, non sono giustificazioni. Certo, dovremmo imporci, pretendere, riprenderci il nostro ruolo. Ma se non funziona? Quando non funziona, come si fa? Quando i figli non sono mai primi, quando non ce la fanno, quando lo studio è una fatica e ci sono dalle preoccupazioni,come si fa? Perché io non lo so più.

Caro prof,
la scuola non può far tutto, e so che molti di voi dedicano tempo e attenzione ai ragazzi e so che il vostro lavoro è prezioso. Per questo scrivo. Forse non sapete che una vostra parola può fare molto. Distruggere o costruire. Un ragazzo non ha solo bisogno di sedersi ad un banco, in una classe dai muri spogli che cadono a pezzi (un orizzonte fatiscente per cinque anni davanti agli occhi) e ascoltare quello che avete da dirgli. Il sapere è di più, e siete voi che dovreste farglielo capire. Sono ragazzi che non si interessano, dite spesso, non conoscono la storia, la geografia, la letteratura. In cinque anni di superiori quante volte vanno a visitare un museo, assistono a spettacoli teatrali, escono da quei quattro muri che è la loro classe? Ascoltano scrittori? Quante volte toccano con mano le varie forme d’arte?
Non ci sono le risorse, mi direte. Avete ragione. La scuola non è la priorità di nessuno. Si vede.
Ci tocca sperare in professori illuminati. Che appassionino, perché diciamoci la verità, se noi giustifichiamo i nostri figli voi poche volte sapete coinvolgerli. E tirare dentro, dalla vostra parte, noi e loro. Siate sinceri, spesso, i programmi sono gli stessi dalla notte dei tempi e voi pure. E quando le verifiche sono file di tre e quattro non è mai colpa vostra. A me hanno insegnato che più agenti sono corresponsabili dei percorsi quando le cose non funzionano. Quindi, almeno, dividiamocela fifty fifty questa responsabilità.
Siete stanchi degli stipendi bassi bassissimi, delle pareti spoglie, dai buchi da coprire, credete che non lo sappiamo? Che non sappiamo quale fatica sia fare bene il proprio mestiere quando mancano i soldi per la carta igienica, per la formazione, per pensare “in grande”?
Ma cari prof,
noi abbiamo bisogno di voi. Di parole buone. Di sentirci insieme. Che i nostri figli siano piante di cui prendersi cura e non da affossare. Che ci sia lo spazio per chiedergli: come stai? Per quel sentire che esiste e non finisce solo perché stanno crescendo. Di quelle parole che li fanno essere protagonisti e li chiamano dentro:coraggio, ce la farai. 
Mia figlia è arrivata a casa. Tema di italiano: quattro. Ma, insieme a quel quattro c’erano alcune righe di spiegazione che concludevano con: “Non mollare. Continua a scrivere. Vedrai che riuscirai”.
Inutile starvi a raccontare come è finita la storia. Il suo interesse per la materia ha preso una bella impennata. Il quattro in pagella è diventato sette. È stata acchiappata. Recuperata. Salvata dall’ignoranza. È successo, e sono bastate un paio di parole. Voi ne siete portatori, vostro è il potere.
Caro prof,
ha ragione, ci sono tante cose per cui genitori siamo mancanti e, a volte, non se ne può davvero più di noi.
Ma ogni ragazzo perso, ogni ragazzo che ignora, ogni ragazzo che rinuncia, un po’ è anche colpa vostra e dello Stato che non vi sostiene.

Voi dovreste essere la nostra speranza. I nostri generatori di fiducia, slancio in avanti, desiderio di conoscenza. Voi con noi. Non contro. Per i nostri ragazzi. Che dovrebbero anche un po’ vostri.

Caro prof,

non chiamatevi fuori, portataci dentro, in quel mondo che costruisce il futuro, in divenire. A cui dobbiamo insieme mettere mano.

Caro prof, non smetta mai di chiedersi chi sono i nostri ragazzi, e guardarli con occhi giusti, per quanto riguarda le responsabilità, che ne dice,

facciamo fitfy fitfy?

Io ci sto.

Penny

Sosdonne.com

 

5 comments on “Caro prof.”

  1. Cara Penny, ci penso spesso. Crescere è sempre stato difficile, ma credo che oggi sia più difficile che ai miei tempi. Di fronte hanno un mondo che va a mille all’ora. Un mondo di competizione e di apparenza social sempre più spinta. A sostenerli poche certezze e nessuna percezione di un futuro migliore. Molti non ce la fanno. È difficile anche per gli insegnanti che, diciamo la verità, non sono adeguatamente riconosciuti anche socialmente eppure fanno uno dei lavori più importanti. D’accordo con te… facciamo fifty fifty, per i nostri figli.
    Un abbraccio

  2. noi genitori e professori siamo i responsabili di come i nostri ragazzi stanno crescendo. Sui genitori ha già detto tutto Penny, sugli insegnanti aggiungo che ci sono tante realtà nella scuola ma c’è un trend generale che sembra uno tsunami: caricare di compiti obbligando gli studenti a passare pomeriggi e week end interi sui libri. Così il sistema si scarica delle sue responsabilità di favorire la crescita armonica – mens sana in corpore sano – e di sviluppare interesse amore per altre attività ed esperienze. Stiamo creando un sistema che ruba l’adolescenza per chissà quale scopo dato che, da un lato la scuola è sempre scollegata dal mondo reale produttivo. – aspetto non secondario è che i professori sono dipendenti pubblici con la mentalità dei dipendenti pubblici, posto fisso, niente merito, nessun sistema di valutazione della prestazione offerta, etc – e dall’altro lato il futuro che gli aspetta è molto preoccupante per quanto riguarda possibilità di lavoro e realizzazione.

    • Non ho molto da dire. Sono pienamente d’accordo con te. Bisognerebbe tener conto del percorso e dei processi di ognuno, della storia, del sapere che attraversa le esperienze. E noi, in ricerca continua, viste le nostre responsabilità. Grazie per aver scritto. Penny

  3. Bellissimo post, Penny.
    Non sai quante volte ci penso al “valore”, eh sì, proprio valore che la scuola e gli insegnanti trasferiscono ai nostri figli.
    Quando penso al mio di percorso scolastico, ho un ricordo vivissimo delle elementari, con dei “maestri” innovativi: prima sezione in assoluto a tempo pieno, la sezione dei “meno agiati”, delle famiglie che avevano bisogno di qualcuno che si occupasse dei propri figli.
    E’ stato il “paradiso”! Ho conosciuto il teatro, la danza, la pittura, il cucito, l’interdisciplinarietà, l’orto, le classi aperte!
    Sono rimasta così estasiata che mio figlio l’ho iscritto a tempo pieno a sua volta…ma si sa, la differenza la fanno gli insegnanti e, permettimi, i genitori!
    Medie e superiori…forse dotate di meno appeal ma ricordo chiari gli esperimenti di scienze, i confronti di italiano, le costruzioni di educazione tecnica e l’ora di religione” EH già signori miei!
    Cito non a caso materie “secondarie” che mi hanno lasciato dentro il senso della scoperta e dell’ “altro” che esiste oltre alla matematica o all’italiano (che adoro!).
    L’ora di relgione…Alle medie è stato il prof-prete a parlarci di educazione civica e di educazione sessuale! Alle superiori è stato il prof-prete a parlarci della differenza delle religioni con la fortuna di avere all’epoca in classe un ragazzo siriano-musulmano.
    Grandi esperienze!
    Mi chiedo…perchè la divina commedia, la costituzione non può essere spiegata come lo fa Benigni?
    E allora sì che nei nostri ragazzi susciteremo curiosità, riflessione, coscienza critica!
    Oh Capitano mio capitano!!!
    Esatto, Penny, un voto negativo ci può essere ma deve essere motivato e stimolo per migliorare “Non mollare. Continua a scrivere. Vedrai che riuscirai”.
    Fiducia. C’è bisogno di fiducia nei nostri giovani.
    Non solo da parte della scuola ma anche da parte di noi genitori.
    E lo dico con un forte spirito di autocritica.
    Ma io nella scuola, nella scuola pubblica, ci credo e la considero al pari della famiglia per quanto riguarda il ruolo educativo che essa svolge.
    E riconosco il valore della professione dell’insegnante perchè lascia un segno indelebile nei nostri ragazzi, se ameranno la scuola o meno, come si approcceranno alla vita, la curiosità per il mondo esterno, la capacità critica, la voglia di essere partecipe del mondo o semplicemente spettatore; oggi più che mai questa “professione” è complessa e difficile visto il particolare momento che viviamo ma proprio per questo c’è biosgno di “insegnati” illuminati e ispirati.

    • Condivido ogni parola. La scuola dove insegno è come il tuo tempo pieno di un tempo che fu( un bel gioco di parole). Il sapere circola, non facciamo religione, ma storia delle religioni, abbiamo un laboratorio di arte terapia, di psicomotricità, di scrittura autobiografica. Si valuta il processo di ognuno secondo le diverse intelligenze, e non il prodotto. Ci interroghiamo e ci mettiamo in discussione sempre, ovvio, questo costa fatica, molta fatica, ma ciò che ritorna è magico.
      I bambini sono bambini e a scuola scoprono che il sapere è meraviglia. Grazie per il tuo contributo, è bello sapere di essere capiti. Ti abbraccio tanto. Stai bene? Penny

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