7 comments on “Guarda “Appello alle donne.” su YouTube”
Come non esprimere compassione di fronte a certe immagini, cara Penny…
però il mio pensiero di fondo non cambia, nonostante tutta la compassione che il mio Cuore di madre prova.
Credo profondamente che un’opportunità vada data a queste madri, ai loro figli, ai mariti… Un’opportunità dignitosa. Però non posso chiudere gli occhi quando vedo cosa succede una volta approdati qui, in Italia, in quello che per molti di loro rappresenta quell’opportunità che anche noi auspicheremmo.
Raccogliere pomodori sotto il sole cocente per quindici ore al giorno e 5 euro. Fare elemosina fuori dai supermercati. Nella migliore delle ipotesi restare confinati lassù in cima alla ValBrembana, nell’ex colonia estiva per i figli dei dipendenti di grosse aziende degli anni ’60 ormai in disuso, confinati con 5 euro al giorno da poter spendere, e il servizio mensa a carico della Comunità Europea…
Secondo te questa è dignità? E’ dignità quella per cui loro si sobbarcano un debito con qualcuno nel loro paese che gli presta 3-4 mila dollari per questo viaggio/suicidio? Quanta compassione serve per poter cambiare tutto questo? E il resto dell’Europa, a cui basta stabilire di elargire fondi da dare al governo italiano per gestire le “emergenze”, così da poter sistemare l’esteriorità e chiudere gli occhi ancora per un po’…
Fino al punto che, poiché l’Italia decide di chiudere i porti, per far attraccare due navi ONG diventa un caso nazionale…per due navi! contro le duemila carrette e gommoni degli ultimi anni! che abbiamo accolto, per come si poteva
Dai, Cinzia, la nostra compassione non ha fine e possiamo anche fare una colletta di compassione tra tutte le mamme del mondo, ma non è con quella che si può dare un’opportunità concreta e DIGNITOSA a queste persone. Il loro governo chiude occhi e orecchie lasciando che si imbarchino su carrette e gommoni e che salpino per il largo, che tanto ci sarà qaulcuno che di lì a qualche ora (miglio nautico) le “raccoglie” (se va bene!) e quindi tutto finito, ci si può lavare le mani perché dopo diventa un fatto a carico dell’Europa. No, mi dispiace ma io non ci sto. E non perché mi manca la compassione, tutt’altro: proprio perché ne ho troppa. Chiudere i porti è ai miei occhi un modo di mettersi a brccia conserte e obbligare il resto dell’Europa a condividere concretamente l’onere di scelte politche adeguate.
Ti voglio un mondo di bene, Cinzia, perché urli a gran voce la necessità di Compassione, che non è mai troppa: a forza di chiederne, anche i politici giusti, messi al posto giusto, troveranno le soluzioni giuste.
<3
Sono contenta che ci parliamo. Credo che il confrontarci, tra persone che si vogliono bene, e aiutarci a capire, sia importante. Hai ragione, non è dignità lavorare come schiavi in un Paese che non ti vuole e non è il tuo, non è dignitoso lavorare 40 ore al giorno, raccogliere pomodori per pochi euro o mendicare. Dio, come hai ragione! Però, per me, c’è un però. Se un uomo o una donna decidono di intraprendere un viaggio, della morte, lo chiamerei io, vuol dire che non hanno scelta. O perdono la dignità o perdono nella vita. I loro Paesi, li abbiamo colonizzati noi, noi li sfruttiamo. Ancora oggi. I loro Paesi, spesso, non sono liberi e sono in guerra. E se vivessi in quel Paese, e se dovessi scegliere per mio figlio, tra la dignità e la vita, credo che non avrei dubbi. E se il prezzo da pagare, mentre l’Europa decide se e come farsene carico, è quello di far morire altra gente, io non ci sto. Ci sono molte cose da fare, hai ragione, ma questa, della chiusura dei porti, a me non sembra una strada giusta. E non mi sembra una strada giusta quella di usare parole contro qualcuno incitando all’odio. Quando Salvini dice: ne moriranno ancora, io i porti non li apro, e la gente applaude, penso che non voglio stare da quella parte. Che mi tengo stretta la mia compassione e cerco di farne qualcosa. Se tutti, riuscissero a parlare di quello che sentono, come facciamo oggi io e te, dissentendo, ma cercando di capirci e comprenderci, la strada per la soluzione sarebbe più semplice. Grazie Cinzia, per questo confronto.
Con affetto Penny
non sono una donna ma….posso dire una cosa? La crisi economica che ci ha attraversato e che non è congiunturale, ma strutturale (il discorso è lungo), ha generato una normale reazione di paura. Oggi questa paura è stata abilmente cavalcata e incanalata verso un discorso di “esclusione”. La guerra tra poveri è la guerra più terribile e normalmente è fomentata dai ricchi. Combattere le politiche di esclusione è combattere contro la paura. La paura degli uomini, ma anche delle donne. la nostra paura.
A me sembra, che queste scelte, abbiano portato a metterci gli uni contro gli altri e non capisco dove si voglia arrivare, se non a creare un grande caos. Incitare al razzismo mi porta indietro. Hai ragione: ho paura.
anche io ho paura, già in passato abbiamo visto escalation di questo tipo. Viviamo nell’illusione che le dittature e la guerra siano fenomeni estinti nel nostro angolino di mondo, ma la storia può cambiare in poco tempo…la pace e la democrazia sono acquisizioni tutto sommato recenti nell’europa occidentale e potrebbero essere meno solide di quello che pensiamo.
proprio perchè abbiamo paura non dobbiamo smettere di manifestare i nostri pensieri. Veramente vogliamo credere che le nostre difficoltà siano state causate da poche centinaia di migliaia di migranti?
Cara Penny, condivido in torto ciò che tu dici. Bisogna farsi carico della sofferenza degli altri ognuno nel proprio piccolo e nel proprio ambito.
Ciò non significa dare la monetina fuori dal supermarket per scaricarsi la coscienza che, ammetto, a volte faccio anche io.
Significa piuttosto alimentare una riflessione che porti alla compassione per gli altri, alla comprensione. Significa provare a parlarne nel rispetto delle vedute altrui, pure differenti.
Signifuca, almeno per me, non girare la faccia di fronte ai miei figli ma dire loro che ci sono persone meno fortunate di noi Perché la nostra fortuna è stata nascere nll’emisfero giusto della terra.
Significa non voltarsi dall’altra parte.
Vero. Le scelte, quelle “vere” ed incisive, spettano agli altri, ai politici ma a noi spetta non alimentare l’odio la paura nei nostri figli.
Non si può tacere di fronte a chi definisce le traversate del Mediterraneo crociere al termine del viaggio.
Questo no. Neanche se fossi della stessa parte politica.
Alimentare l’odio, la paura, il rancore è pericoloso: crea una società chiusa e violenta.
E se penso al futuro dei miei figli in un mondo così rabbrividisco.
Concordo con te. Non si può alimentare l’odio, la paura, il rancore, non porta a niente, se non aggiungere odio all’odio. Anche io ho paura per i miei figli e per il loro futuro, per questo gli racconto quello che succede, anche se,a volte, mi tagliano, perché hanno cose più urgenti da fare, vglio che sappiano cosa sono la sofferenza e la povertà. Voglio che si prendano cura, non solo l’una dell’altra, ma anche di chi è più debole. Ci si prova. Un bacino Penny
Come non esprimere compassione di fronte a certe immagini, cara Penny…
però il mio pensiero di fondo non cambia, nonostante tutta la compassione che il mio Cuore di madre prova.
Credo profondamente che un’opportunità vada data a queste madri, ai loro figli, ai mariti… Un’opportunità dignitosa. Però non posso chiudere gli occhi quando vedo cosa succede una volta approdati qui, in Italia, in quello che per molti di loro rappresenta quell’opportunità che anche noi auspicheremmo.
Raccogliere pomodori sotto il sole cocente per quindici ore al giorno e 5 euro. Fare elemosina fuori dai supermercati. Nella migliore delle ipotesi restare confinati lassù in cima alla ValBrembana, nell’ex colonia estiva per i figli dei dipendenti di grosse aziende degli anni ’60 ormai in disuso, confinati con 5 euro al giorno da poter spendere, e il servizio mensa a carico della Comunità Europea…
Secondo te questa è dignità? E’ dignità quella per cui loro si sobbarcano un debito con qualcuno nel loro paese che gli presta 3-4 mila dollari per questo viaggio/suicidio? Quanta compassione serve per poter cambiare tutto questo? E il resto dell’Europa, a cui basta stabilire di elargire fondi da dare al governo italiano per gestire le “emergenze”, così da poter sistemare l’esteriorità e chiudere gli occhi ancora per un po’…
Fino al punto che, poiché l’Italia decide di chiudere i porti, per far attraccare due navi ONG diventa un caso nazionale…per due navi! contro le duemila carrette e gommoni degli ultimi anni! che abbiamo accolto, per come si poteva
Dai, Cinzia, la nostra compassione non ha fine e possiamo anche fare una colletta di compassione tra tutte le mamme del mondo, ma non è con quella che si può dare un’opportunità concreta e DIGNITOSA a queste persone. Il loro governo chiude occhi e orecchie lasciando che si imbarchino su carrette e gommoni e che salpino per il largo, che tanto ci sarà qaulcuno che di lì a qualche ora (miglio nautico) le “raccoglie” (se va bene!) e quindi tutto finito, ci si può lavare le mani perché dopo diventa un fatto a carico dell’Europa. No, mi dispiace ma io non ci sto. E non perché mi manca la compassione, tutt’altro: proprio perché ne ho troppa. Chiudere i porti è ai miei occhi un modo di mettersi a brccia conserte e obbligare il resto dell’Europa a condividere concretamente l’onere di scelte politche adeguate.
Ti voglio un mondo di bene, Cinzia, perché urli a gran voce la necessità di Compassione, che non è mai troppa: a forza di chiederne, anche i politici giusti, messi al posto giusto, troveranno le soluzioni giuste.
<3
Sono contenta che ci parliamo. Credo che il confrontarci, tra persone che si vogliono bene, e aiutarci a capire, sia importante. Hai ragione, non è dignità lavorare come schiavi in un Paese che non ti vuole e non è il tuo, non è dignitoso lavorare 40 ore al giorno, raccogliere pomodori per pochi euro o mendicare. Dio, come hai ragione! Però, per me, c’è un però. Se un uomo o una donna decidono di intraprendere un viaggio, della morte, lo chiamerei io, vuol dire che non hanno scelta. O perdono la dignità o perdono nella vita. I loro Paesi, li abbiamo colonizzati noi, noi li sfruttiamo. Ancora oggi. I loro Paesi, spesso, non sono liberi e sono in guerra. E se vivessi in quel Paese, e se dovessi scegliere per mio figlio, tra la dignità e la vita, credo che non avrei dubbi. E se il prezzo da pagare, mentre l’Europa decide se e come farsene carico, è quello di far morire altra gente, io non ci sto. Ci sono molte cose da fare, hai ragione, ma questa, della chiusura dei porti, a me non sembra una strada giusta. E non mi sembra una strada giusta quella di usare parole contro qualcuno incitando all’odio. Quando Salvini dice: ne moriranno ancora, io i porti non li apro, e la gente applaude, penso che non voglio stare da quella parte. Che mi tengo stretta la mia compassione e cerco di farne qualcosa. Se tutti, riuscissero a parlare di quello che sentono, come facciamo oggi io e te, dissentendo, ma cercando di capirci e comprenderci, la strada per la soluzione sarebbe più semplice. Grazie Cinzia, per questo confronto.
Con affetto Penny
non sono una donna ma….posso dire una cosa? La crisi economica che ci ha attraversato e che non è congiunturale, ma strutturale (il discorso è lungo), ha generato una normale reazione di paura. Oggi questa paura è stata abilmente cavalcata e incanalata verso un discorso di “esclusione”. La guerra tra poveri è la guerra più terribile e normalmente è fomentata dai ricchi. Combattere le politiche di esclusione è combattere contro la paura. La paura degli uomini, ma anche delle donne. la nostra paura.
A me sembra, che queste scelte, abbiano portato a metterci gli uni contro gli altri e non capisco dove si voglia arrivare, se non a creare un grande caos. Incitare al razzismo mi porta indietro. Hai ragione: ho paura.
anche io ho paura, già in passato abbiamo visto escalation di questo tipo. Viviamo nell’illusione che le dittature e la guerra siano fenomeni estinti nel nostro angolino di mondo, ma la storia può cambiare in poco tempo…la pace e la democrazia sono acquisizioni tutto sommato recenti nell’europa occidentale e potrebbero essere meno solide di quello che pensiamo.
proprio perchè abbiamo paura non dobbiamo smettere di manifestare i nostri pensieri. Veramente vogliamo credere che le nostre difficoltà siano state causate da poche centinaia di migliaia di migranti?
Cara Penny, condivido in torto ciò che tu dici. Bisogna farsi carico della sofferenza degli altri ognuno nel proprio piccolo e nel proprio ambito.
Ciò non significa dare la monetina fuori dal supermarket per scaricarsi la coscienza che, ammetto, a volte faccio anche io.
Significa piuttosto alimentare una riflessione che porti alla compassione per gli altri, alla comprensione. Significa provare a parlarne nel rispetto delle vedute altrui, pure differenti.
Signifuca, almeno per me, non girare la faccia di fronte ai miei figli ma dire loro che ci sono persone meno fortunate di noi Perché la nostra fortuna è stata nascere nll’emisfero giusto della terra.
Significa non voltarsi dall’altra parte.
Vero. Le scelte, quelle “vere” ed incisive, spettano agli altri, ai politici ma a noi spetta non alimentare l’odio la paura nei nostri figli.
Non si può tacere di fronte a chi definisce le traversate del Mediterraneo crociere al termine del viaggio.
Questo no. Neanche se fossi della stessa parte politica.
Alimentare l’odio, la paura, il rancore è pericoloso: crea una società chiusa e violenta.
E se penso al futuro dei miei figli in un mondo così rabbrividisco.
Concordo con te. Non si può alimentare l’odio, la paura, il rancore, non porta a niente, se non aggiungere odio all’odio. Anche io ho paura per i miei figli e per il loro futuro, per questo gli racconto quello che succede, anche se,a volte, mi tagliano, perché hanno cose più urgenti da fare, vglio che sappiano cosa sono la sofferenza e la povertà. Voglio che si prendano cura, non solo l’una dell’altra, ma anche di chi è più debole. Ci si prova. Un bacino Penny