Dopo la giornata di tristezza dell’altro ieri, in cui ho pensato di incatenarmi come protesta per il mantenimento che non ricevono le mie figlie.
Dopo aver pensato di creare un’associazione per madri sole.
Dopo aver pensato di andare a fare la lavapiatti o a consegnare pizze, che la moto ce l’ho.
Dopo i pianti, perché a volte non sono ancora capace a uscire dai meccanismi in cui l’altro mi fa precipitare, ed è solo colpa mia.
Dopo il caldo che mi dava alla testa, la moto che si è rotta e la paura di spendere altri soldi che non ho.
Dopo che mia figlia mi ha chiesto: “Mamma, secondo te, è vero che per un uomo non avere soldi è più difficile che per una donna? Perché, quando si va al ristorante è l’uomo che deve pagare, è l’uomo che deve proteggere, è l’uomo che se vuole fare come regalo, come ad esempio, una Louis Vuitton e non può, è mortificato. È vero che per una donna è più facile stare senza soldi, perché è abituata a farsi accudire?”.
Dopo averle risposto che certe cose non si possono più sentire e non volevo sapere chi gliele avesse dette, anche se lo sapevo già.
Dopo aver pensato: ecco qual è il meccanismo per cui alcun uomini considerano le donne delle proprietà, e se non le hanno più a disposizione e le perdono, le puniscono.
Dopo averle risposto: “Cerca di essere autonoma il prima possibile. Di pagarti le pizze. Di non desiderare una Louis Vuitton da un uomo, ma rispetto e uguaglianza. Che con una Louis Vuitton al braccio sei uguale a mille altre e non hai niente, con l’autonomia, il rispetto e l’uguaglianza hai tutto”.
Dopo aver trovato la bolletta del gas nella cassetta della posta, che proprio non era la giornata giusta (ai postini bisognerebbe dirlo che in certe giornate si dovrebbero solo ricevere buone notizie!). Dopo averla stropicciata e aver pensato: non ce la faccio più.
Dopo aver pianto per strada, lacrimoni sotto gli occhiali da sole. Ché, a volte c’è bisogno di piangere. Poi si sta meglio.
Dopo essermi fatta una vaschetta di gelato nella mia cucina che mi ha portato mia sorella capendo che non ero a piombo. Come solo le sorelle, a volte, capiscono.
Dopo essere andata dal mio compagno, aver versato tutte, ma proprio tutte, le mie lacrime. Dopo che lui mi ha detto: “Non ti posso vedere così. Devi pensare che puoi farcela da sola, devi fare come se lui non ci fosse”.
Ecco cosa vuol dire avere un uomo accanto che non ti dica “ti salvo io” ché sarebbe più facile, ma posso farlo solo da sola. E sembra un gioco di parole ma non lo è.
Dopo averci messo quasi una vita a capirlo.
Dopo che mi è arrivata una fotografia del mio romanzo, mandata da una di voi con generosità, insieme a parole che alleggeriscono il cuore.
Dopo i dopo. Ho preso la mia girl grande e l’ho portata a bere una cosa.
Io e lei. Che era vestita di giallo senape a fiori e a me sembrava bellissima.
Io mi sono fatta un moscow mulev, lei un analcolico alla frutta.
Abbiamo parlato di cose semplici che manco le ricordo. Di lei. Dei suoi amici. A me ogni tanto mancavano le parole. Non ricordavo nomi di vie o persone. Mi succede a volte. Penso sia lo stress. Allora lei mi ha preso la mano e mi ha detto: ce la puoi fare. E io, con la sua mano nella mia ce la facevo, la parola tornava.
E quando, per caso, in giro nella mia città, ho visto il mio bambino autistico di sei anni sfrecciare in bicicletta, che manco lo riconoscevo, ho urlato il suo nome, lui si è bloccato e mi ha visto. Mi è venuto incontro. Io me lo sono mangiato di baci e lui si è girato verso la mia girl e le ha chiesto: come ti chiami tu?
E ho sentito quella frase, per la prima volta, chiara e decisa, un’ interazione con il mondo. Lui, del Bangladesh, sei anni, con diagnosi di autismo. La mia girl, bella come il sole, che le ha risposto con dolcezza.
Dopo che è sfrecciato via come fosse su un cavallo bianco e lui un cavaliere. E sarebbe così in un mondo migliore.
Ho pensato, dopo i dopo, che le cose possono andare a posto. Sempre.
Basta sapere cosa guardare. E dove.
E quando, me lo dimentico, per fortuna, c’è la vita, con i suoi miracoli- come un bambino autistico del Bangladesh che chiede un nome a una ragazza bionda in un vestito giallo senape a fiori, che è mia figlia- che me lo ricorda.
Mi ricorda dove guardare.
Penny
#ilmatrimoniodimiasorella.
Pur con le fragilità di un essere umano , tu sei forte. Si dice spesso, anche qui, gli uomini così, le donne cosa’…beh, io sono un uomo, vorrei tanto avere la tua forza .
Un abbraccio
Sono fragile, fragilissima, a volte. Penny
Penny. Come capisco. E pensa che c’è chi non solo non da soldi.. non aiuta.. ma li pretende. Dai figli. Peggio? No? Soprattutto se i soldi vengono spesi in modo molto molto maschile.
Mamma mia! Esiste un peggio del peggio!Incredibile…Penny
http://www.minoriinprimopiano.it almeno prova
e dopo questo post, anche se è un dopo in ritardo di qualche giorno e non nel giorno in cui serviva, verrebbe da correre a Genova, la tua community di 13.000 persone, uscire dal virtuale e venire a darti un abbraccio collettivo di persona… perche sei vera, sei umana e tutto verrebbe così spontaneo. Fortuna che c era la sorella, il compagno, che la girl grande era li, che è tornata la piccola e l hai sentita, fortuna che è apparso il piccolo, tutti a ricordarti tutto il bene che sei. non smettere mai di lottare, ma neanche di mostrare le tue debolezze e chiedere ascolto conforto e calore, fanno tanto anche quelli! c è sempre un OLTRE per te!
Fortuna, lo so. Sono consapevole della bellezza delle persone, della vicinanza. Sono consapevole che c’è chi sta peggio di me. Eppure, a volte, cado e ci vuole un po’ prima di riemeregere. Ecco. Bacini Penny
Insostenibile…lo ripeto…
Però si dovrà sostenere in qualche modo, ci sarà una strada.Deve esserci..bacini Penny
Fare come se non esistessero. Questa è la chiave.
E una mano dai postini però ogni tanto non guasterebbe.
Ci riesco quando economicamente sono più stabile. Quando traballo, mi perdo. Grazie Penny
Siamo con te. Emma e Roberto
Lo so. So che ci siete. Dentro. Penny
Ma che spaccacuore questo post ❤️
Spaccacuore è bellissimo. Grazie Penny
ciao Penny non riesco ad inviarti i messaggi dalla sezione “contatti”. potresti perfavore inviarmi la tua mail? Grazie. Giulio
Fatto.
Mi hai fatto piangere.
Come il giorno del mio compleanno che ho trovato 3 bollette insieme ed ho fatto il conto matematico di quanto avessi sul conto e quanto mancasse al 23.
Ma questa volta non posso dare la colpa ad un padre che comunque c è.
Ma è dura perché ti chiedi sempre dove hai sbagliato, dove potevi recuperare, perché è successo proprio a voi, perché siamo stati così miopi, il non rendersi conto che non si costruiva nulla…a volte, sempre, sono sopraffatta dal senso di disfatta e colpiscono, cavolo se colpiscono, le parole dellaltro.
Perché in fondo uno sa di essere una brava e bella persona…
Lacrime prima lacrime durante e lacrime dopo…