Ieri sera sono arrivata a casa tardissimo. Dopo la presentazione in cui ho riso, mi sono emozionata, ho ascoltato storie, ho conosciuto donne simili a me, sono andata a cena ad Imperia con il mio compagno e dei suoi amici. È stata una serata piacevole, finalmente potevo godermi qualche ora con lui e non pensare a niente.
Prima di iniziare la cena mi ha chiamato la girl grande, doveva andare a ballare ( capita di rado) e come al solito era in crisi. Il meccanismo è sempre lo stesso. Si misura tutti gli abiti che ha nell’armadio, pure i miei, che poi mi trovo le cose stropicciate. Non si piace e non vuole uscire. Quando fa così a me viene una crisi isterica, vorrei solo che riuscisse a vedersi come la vedo io. So che un po’ dipende dalla sua storia, molto dal tempo in cui viviamo. Dipende da questo mito della bellezza a cui siamo educate fin da piccole. Se ci pensate non si dice mai ad un bambino :”Come sei carino vestito così?” oppure: “Oggi ci facciamo belli!”. Tutte le frasi che si dicono, invece, alle bambine. Impariamo da subito che la bellezza è un veicolo fondamentale per noi nelle relazioni sociali. Se non piacciamo siamo sfigate. Così stiamo a dieta. Perenne. Direi. E, comunque, sappiamo bene che il problema rimane e non è una questione di corpo ma di oppressione sociale.
Che se poi ci mettiamo troppo in tiro, non va bene nemmeno quello! Giù epiteti e volgarità.
È difficile che un uomo si senta dire: “Ma come ti sei conciato?”. Ci accontentiamo che siano puliti?, un po’ sgualciti vanno bene lo stesso, ma, soprattutto, che ci trattino bene.
Insomma, siccome siamo fottute fin da bambine, almeno cerchiamo di essere fottute consapevoli.
Comunque, anche se avrei voluto scuoterla, le ho mandato un messaggio per rassicurarla, ricordandole di non sprecare tempo, di infilarsi un paio di jeans, una maglietta nera, magari i tacchi e uscire tranquilla. Che lo scopo non è quello di piacere ma stare bene
Mentre mangiavo guardavo il telefono, ovviamente, volevo saperla felice.
Dopo un po’ mi arriva un messaggio dicendomi: “Sono uscita?”.
Tiro un sospiro di sollievo.
Mando un messaggio alla piccola, mi accerto che sia casa e finalmente mi posso rilassare.
Quanto rientro è mezzanotte. Io e il mio compagno ci siamo lasciati sotto casa, un po’ tristi per non avere questa vita condivisa. Ma le mie ragazze sono state tutto il giorno da sole, ce lo siamo detti all’inizio della nostra relazione: “Esiste un impegno imprescindibile, oltre noi, quello di essere i genitori dei nostri figli”, quindi, punto.
La piccola dorme già. Entro in camera le chiedo se si è messa la sveglia per il giorno dopo visto che deve andare in gita con gli scout.
Apre un occhio a fatica e mi fa cenno di sì.
Mi cambio e mi avvio verso il frigorifero, devo prepararle il mangiare al sacco per domani ma, quando lo apro, mi accorgo che ha già fatto tutto lei.
Mi stupisco e, allo stesso tempo, provo una tenerezza infinita.
Dovrei smetterla di sentirmi in colpa quando faccio qualcosa di importante per me, perché, questo agire sulla mia vita, ha del miracoloso nelle loro esistenze. Come un effetto boomerang.
Io non dipendo dalla loro felicità e loro non dipendono da me. Imparano ad essere autonome.
Insomma, noi donne pensiamo per sottrazione. Ci sentiamo sempre mancanti. Invece, dovremmo solo addizionare.
Felicità genera felicità. Non può essere diverso.
Quindi, buttate la colpa dove volete, e siate felici.
Specchio per i vostri figli.
Penny
Bacetti.
Che tenerezza rivedi me in te qualche anno fa. Femmine un giorno e poi madri per sempre nella stagione che stagione non sente
Grazie. Mi hai commosso. ❤️
Condivido…Hanno bisogno di vederci felici e realizzate…Allora è possibile anche per loro capiscono di potercela fare …vedono la strada sanno che in un modo o nell’altra potranno percorrerla…Buona domenica a tutte e tre
Cara Elisabetta, proprio così. A volte le azioni contano più delle parole. Spero che un giorno sappiano scegliere se stesse.
Con affetto Penny
Noi che il dolore lo attraversiamo e mai fuggiamo. Noi. Donne. Come sempre grazie?
Idem. Ci siamo dentro e sappiamo restare. Tua Penny
..spero un giorno che la mia “belva <3" accetti il fatto che io sia felice senza il padre e che la famiglia è famiglia anche se non stiamo sotto lo stesso tetto. E che ha dovuto vestirsi da grande per capire la continua ostilità del padre.
…sia autonoma? ?
Ciao Penny, posso darti del tu? Sabato scorso ho partecipato alla presentazione di cui parli nel post e come vedi non ho perso tempo, mi sono iscritta subito al blog! Ora ho un altro libro per le mani, ma il tuo è il prossimo che leggerò perché credo che sarà una lettura perfetta, perfetta per me. E sai una cosa? Lo farei anche solo per quello che hai detto ad un certo punto riguardo l’educazione delle bambine, mi ha molto colpita, perché la penso esattamente come te. Hai anche detto che in ogni famiglia c’è una Giovanna D’Arco…Eccomi! Ho fatto tante battaglie all’interno della mia famiglia, per ottenere quello che per mio fratello, maschio (e maggiore), era naturale avere. Vado a curiosare un po’ in giro ora, questo posto è bellissimo.
Paola
Allora cara Paola benvenuta, in effetti questo è speciale…perché le anime sono tante, perché non c’è un modo giusto di essere né di sentire. Io mi sento a casa. Anch’io ero una Giovanna d’Arco, persino nelle relazioni con gli altri, ora non più. Cerco di pensare a me, per quanto possibile, e sto decisamente meglio. Ti abbraccio tanto.
PS fammi sapere se ti è piaciuto il romanzo, se ne avrai voglia.❤️ Penny
Felicità genera felicità
Come un effetto domino.❤️