Cara ministra della famiglia e delle Pari opportunità, mi chiedo quando qualcuno si occuperà di noi, delle famiglie separate.

E quando si inizierà a pensarci parte del sistema.

Se mi permette, vorrei parlarne delle donne, perché sono madre e, questa, è la realtà che conosco.

Mi piacerebbe raccontarle la mia storia, perché è forte il desiderio di dar voce a tutte quelle donne che come me vivono situazioni simili. La speranza è quella in un futuro più equo per le nostre figlie.

Di pari opportunità.

Sono una lavoratrice statale, quindi, ho uno stipendio fisso. Grazie a quello stipendio ho contratto un mutuo venticinquennale per acquistare una casa di 46 quadrati, in cui viviamo in tre: io e le mie due figlie di quindici e diciotto anni. La rata mensile si aggira intorno ai 500 euro.

Grazie a quello stipendio ho avuto la forza di immaginarmi da sola. Ma ci sono donne meno fortunate di me che, per occuparsi dei figli, si sono licenziate o si sono accontentate di lavori precari oppure a chiamata.

Sappiamo che quasi in tutte le famiglie è la donna ad occuparsi della cura e gestione dei figli, per un semplice motivo, solitamente, è lei quella che guadagna meno.

Provo a spiegarle quello che sentono e vivono le donne separate come me e mi scuso in anticipo perché non so farlo in altro modo se non attraverso una narrazione semplice.

Settembre.

Ho pagato da sola i libri delle mie ragazze, per un totale all’incirca di 350 euro, ovviamente comprati usati.

Ho pagato da sola con un finanziamento, l’abbonamento dell’autobus per la piccola, 255 euro, per l’altra, non ho potuto, devo fare delle scelte. Però, per la mia diciottenne, ho pagato 440 euro circa di gita didattica in Grecia (classe quinta liceo classico).

Ho comprato una parte di materiale scolastico, all’incirca 60 euro (la figlia più piccola frequenta il liceo artistico) ed è stata proprio lei, vedendomi in ansia, che mi ha detto: “Mamma, quest’anno il diario possiamo non comprarlo, intanto i compiti i prof. li scrivono sul registro!” La più grande, stessa storia, si terrà l’agenda dello scorso anno fino a dicembre, poi si vedrà.

Forse dovrei limitare la loro vita sociale? Perché sono ragazze, ci sono i compleanni a cui vengono invitate, escono, ci sono le pizzate…, e le assicuro che le mie due figlie non avanzano pretese strane, sanno rinunciare, ad esempio, l’anno scorso, nessuna delle due ha praticato attività fisica.

Non sono mai andate all’estero, se non la grande una volta per dieci giorni, grazie a una convenzione per dipendenti statali.

Poi vivono. Ci sono le medicine, le visite mediche, il dentista, i vestiti, le mutande, gli assorbenti, prima c’era la mensa…non parlo di esigenze particolari, parlo di farle esistere.

Il giudice, quando ci siamo separati, come giusto, ha stabilito l’affido condiviso e siccome le ragazze si alternavano tra me e loro padre, con una mia prevalenza, aveva altresì stabilito che il contributo al mantenimento dovesse essere 300 euro a figlia. È troppo? Lei pensa sia troppo?

Ora le ragazze vivono solo con me e il mio ex marito ha deciso, secondo un criterio personale, che il suo contributo al mese è di 125 euro per ogni figlia, che non versa in un giorno specifico, ma quando li ha, quando può, così mi scrive se gli chiedo aiuto.

E io mi domando: cosa fa una madre? Mantiene i figli quando può? Oggi ti do da mangiare, domani non posso.

Cosa potrei rispondere?

Sappiamo tutti che se l’ex coniuge non versa il contributo per i figli è punibile per legge e dopo le sentenze si può fare un bel precetto e andare a prelevare i soldi del mantenimento sullo stipendio, nel conto o attraverso le proprietà che lui possiede.

Ma se il coniuge debitore è un libero professionista senza entrate fisse? Se non ha nulla di intestato (non una casa, né l’auto, ma nemmeno uno scooter)? A volte non ha neppure un avvocato. A volte neppure ha una residenza effettiva, mi dite come si fa?

Tenendo conto che i precetti hanno un costo molto alto, le cause hanno un costo, che i tempi sono lunghi e che, alla fine, per quanto si senta ripetere da alcuni uomini separati che vengono considerati dei bancomat, i figli mangiano, vivono e respirano, per lo più con le madri, che nessuno considera.

Io mi sento la Banca D’Italia! Mi senta svuotata. Inerme. A volte perduta.

Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, non mi sto a ripetere: ci sono uomini separati che sanno essere padri eccellenti e pur facendo fatica nella loro quotidianità non si tirano indietro, ma ci sono tante donne che sono nella mia situazione e di cui nessuno parla.

La legge le sostiene, è una buona legge che condanna chi non fa il suo dovere, ma non basta, la sua applicazione non consente di fare un passo avanti, a meno che la donna non abbia un sacco di soldi ma, ma quel punto, parliamo di straordinarietà e non di ordinarietà.

La maggioranza delle donne parte in svantaggio economico, su questo credo che siamo tutti d’accordo. Il gender pay gap non è una mia invenzione.

A questo punto vorrei fare una riflessione, ovvero, continuando a non occuparsi delle famiglie come la mia, non permettendo alle donne di separarsi dignitosamente e mantenere i propri figli altrettanto dignitosamente, il governo va in una direzione di mantenimento del sistema patriarcale. Mi spiego meglio, se una donna esce dalla famiglia, possono succedere due cose: o viene accoltellata, sfregiata, uccisa oppure rimane sola, economicamente allo sbaraglio, emotivamente fragile. L’arma, la conosciamo, è quella del ricatto sui figli e difficilmente riuscirà a cambiare lo stato della sua vita. È come se la società le dicesse: “Hai sovvertito le regole? Hai rotto la famiglia? Bene, ora sono problemi tuoi”.

In questo modo non si incide solo sulla vita delle donne, ma, anche in quella dei figli che diventano vittime inconsapevoli.

Cara ministra, le mie figlie le direbbero che anche noi tre siamo una famiglia e abbiamo bisogno di non sentirci sole, abbiamo bisogno di essere contemplate all’interno dei provvedimenti e del sistema.

Abbiamo bisogno che qualcuno, attraverso politiche giuste, non permetta più che i figli siano un’ arma di ricatto.

Io pago le tasse. Io faccio l’Isee. Cerco di arrangiarmi come posso, ma, quando si parla di proposte a sostegno delle famiglie separate, ci si riferisce sempre solo ai padri che dormono in macchina, di cui non vengono mai riportati dati precisi.

Non sento mai una parola a favore delle madri separate.

Invece, avremmo bisogno di una proposta di legge a sostegno di entrambi i genitori separati che sono in situazioni di difficoltà economica, politiche che mirino a favorire il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con i figli.

Perché recuperare il mantenimento deve diventare solo un mio problema? Perché come in molti Stati, non siete voi a recuperare i debiti? Voi non immaginate quanti figli potreste salvare dal ricatto. Invece paghiamo avvocati, paghiamo il sistema avviando cause, lo intasiamo e diventiamo sempre più povere. Al precetto, visti anche i costi, io mi sono arenata, molte lo fanno prima, facendo pagare alle mie figlie la conseguenza di questa scelta.

Cara ministra, per una volta, ci includa. Faccia in modo che i nostri figli non si sentano di serie B o abbiano meno possibilità degli altri.

Credo che se ascoltasse le donne, non le chiederebbero dei privilegi per sé, solo la possibiltà di essere libere nelle scelte della vita, e di condividere la responsabilità dei figli con l’ex coniuge.

Perché sono i figli, quando il sistema non funziona a pagarne lo scotto più alto.

Cara ministra, pensi anche a noi.

Penny

3 comments on “Cara ministra Bonetti, si occupi anche di noi, delle famiglie separate.”

  1. Sottoscrivo.
    La cosa più assurda, per me, è stata non poter mai fare l’isee perchè i ragazzi hanno la residenza nella casa coniugale, che è rimasta al padre. Lui, libero professionista, non ha interesse a farla e quindi ciao agevolazioni per tutti.

    • E lo chiamavano amore. Questo è l’assurdo. Almeno per me. Il farsi del bene dovrebbe rimanere. Punto. Penny♥️

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