Finita la pandemia non saremo tutti più buoni, perché l’uomo è fatto così, dimentica in fretta. Spesso dimentica i suoi morti. La storia insegna.

Ricominceremo a correre, a entrare in quel vortice sociale per cui se ti fermi sei fottuto. Useremo le macchine per spostarci di pochi metri e l’inquinamento sarà di nuovo alle stelle, faremo a botte per i posteggi ritenendoli beni esistenziali.

Il lavoro la farà da padrone, non ci sarà tempo né calma; riempiremo le nostre giornate e ogni sera porteremo avanti la promessa: da domani rallenterò.

Ciò che dovevamo capire lo avevamo già capito, una parte di noi muore ogni giorno (da prima del Coronavirus) per la povertà, per la fame, per la guerra fra i popoli, per il capitalismo imperante, eppure.

Eppure non ci siamo fermati, se la morte non ci tocca proprio da vicino, se non ci cade sulla testa e ci veste a lutto, non ci fermiamo. Andiamo avanti ognuno per sé.

La morte ha dovuto prendersi nostra padre e nostro madre per farci fermare, nonostante ciò, qualcuno pensa solo a se stesso, alla sua clausura forzata, ad uscire e riempirsi il carrello a più non posso.

Eppure le immagini a fine giornata, qui sulla rete, spesso sono idilliache, storie di famiglie finalmente riunite, ritorno alle origini: pane fatto in casa, pizze, dolci acrobatici, attimi di luci soffuse e calma su stanze e angoli.

Νon crediate che io mi chiami fuori, in tutta ‘sta roba mi ci metto dentro, provo a dare a questa forzata clausura un’aurea di riscoperta di me e di senso della vita continuamente.

È che al mio senso ci penso da parecchio e ci penserò dopo, questo non cambierà. Di certo la paura della morte mi accompagna da sempre e che non siamo invincibili l’ho capito da tempo, a volte, sono capace di ringraziare l’esistenza, altre la maltratto. Come tutti noi.

Ma quando sono sincera, quando la notte scende, lo so in cuor mio che dimenticherò tutto il pensare bucolico che mi sta attraversando, lo so che mi farò prendere dalle paranoie di sempre, dall’ansia di non farcela, magari dimenticherò di fare la differenziata, di non accumulare plastica, di non correre verso mete improbabili. Dimenticherò i morti come facevo prima, perché sono ritornati lontano da me. Semplicemente non li vedo e ciò che non si vede non esiste.

E se questo periodo non ci insegnasse niente? Potrebbe essere, mi dico.

Εppure l’uomo ha bisogno di credere che sarà altro da se stesso e forse ne ho bisogno anch’io.

Abbiamo preparato un testo per i nostri bambini per questa settimana, il quesito é questo: cosa farete quando tutto sarà finito?

Sono sicura che avranno le idee più chiare di quanto ne abbiamo noi e faranno scelte di senso, probabilmente più delle nostre.

Finita la pandemia non sarò più buona, forse nessuno di noi lo sarà, ma abbiamo bisogno di pensarlo questo è certo, per salvare ciò che di umano ci rimane.

La sera, però, quando siamo soli con i nostri pensieri più intimi, non pensiamo ai miracoli esistenziali che il coronavirus non produrrà a livello sociale, sarebbe già molto se pensassimo ad essere sinceri con noi stessi.

Forse, dico forse, basterebbe a produrre dei cambiamenti.

Penny

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