Diciamoci la verità questo mondo non è una passeggiata per loro.
Se ti filano o no dipende dai like che hai su Instagram, anche se un ragazzo o una ragazza sono interessati te lo di mostrano da un like. Un like che devi interpretare e non sono gesti, parole e occhi, è un simbolo e non dipende da ciò che sei ma da quello che sei capace di mostrare, se ci pensate è spaventoso.
Un tempo c’era la piazzetta, la vicina di sotto con cui uscivi in cortile, qualcuna come te con cui fare quel passo, metterti sul muretto e aspettare di creare un gruppo.
In questi giorni i ragazzi sono usciti, improvvisamente, come dopo la pioggia escono le lumache. E, sarà un caso ma io ho visto molti più maschi che femmine.
Il campetto sotto casa è oggetto di lite, conteso dai bambini e dai ragazzi, per via del calcio, ieri c’è stata pure una lite tra un adolescente e una madre di un piccolo.
Il calcio è un grande contenitore a quanto pare, vai dietro ad una palla, non ti devi dire niente e il tempo passa. Ed è uno sport maschile o maschilista, fate voi.
Ovviamente le ragazzine in attesa a bordo campo non mancavano, poche, ma c’erano…pomeriggi interi ad aspettare di essere viste. Mi sono rattristata, avrei voluto sedermi accanto a loro e farle un bel discorsetto!
Molti ragazzi camminano in branco, i più senza mascherina, li vedi passare come se dovessero attraversare la città tutta in un pomeriggio, grandi falcate, vocioni e volti ancora da bambini.
Poi ci sono quelli per cui uscire dal guscio è una fatica terribile. La mia grande, per la prima volta, ha fatto un tratto di strada piuttosto breve. Era felice quando è tornata ma ha dovuto aspettare il suo tempo per fare quel breve tratto di strada e sono sicura ci metterà un po’ a ritrovare i ritmi normali.
Lo schermo in questi mesi ci ha protetto, ci ha permesso di vivere una vita senza corpo e il corpo, a volte, è qualcosa che ingombra, che viene giudicato. Pensate ai ragazzi in piena adolescenza cosa vuol dire.
Abbiamo sdoganato una dipendenza, difficile ora farne a meno. Quel tempo dentro allo schermo era pieno, in qualche modo tu c’eri ma non c’eri. Sai cosa succede ma lo schermo ti protegge.
Io li capisco gli adolescenti che hanno paura, e tanto. Noi adulti ci aspettiamo sempre che i ragazzi spacchino il mondo solo perché sono ragazzi, ma non sono tutti uguali, ci sono animi più sensibili e questa cavolo di paura dovrebbe essere concessa e compresa perché possa essere affrontata.
Questi ragazzi ci raccontano e ci parlano di loro stessi e non è detto che siano più fragili di un loro amico che magari in quarantena non abbia rispettato le regole e si sia persino preso un paio di multe.
Un ragazzo che ha paura di uscire e lo manifesta, sta legittimando se stesso e le proprie ansie, il che non vuol dire che dobbiamo fregarcene e mollarlo al suo destino, ma che dobbiamo dargli tempo e aiutarlo a dare un nome a ciò che prova.
Di certo non giudicarlo.
È un mondo di adulti preoccupati questo e un adolescente chiuso terrorizza, eppure in qualche modo ci sta parlando, come uno specchio in cui ci obbliga a guardare.
Non facciamo l’errore anche noi di pretendere che siccome sono ragazzi deve andare tutto bene, ciò che impareranno ad affrontare adesso, sarà una palestra per il futuro.
Chi è spavaldo non è necessariamente coraggioso, a volte, è incosciente, a volte, sta solo mettendo la testa sotto la sabbia e prima o poi le paure o le ansie verranno fuori e sarà più difficile affrontarle. Chi è spavaldo, a volte, ci fa solo stare più tranquilli ma la sua non è forza, è l’altro lato della paura.
Vorremmo che i nostri figli stessero bene, questo è sicuro. Ma loro sono come noi, esattamente come noi, alcuni più sensibili, più spaventati, più cupi. E la vita sappiamo che non è una linea retta, perché dovremmo pretendere che per loro, soprattutto dopo quello che è successo, sia diverso?
Diamo tempo. Non sempre questo tipo di resistenza è negativa, a volte è salvifica. Ti parla e ti dice: io sono questo, sono anche le mie paure, guardami.
E per farlo ci vuole del coraggio.
Penny